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INFORTUNIO SUL LUOGO DI LAVORO – IL CONTENUTO PRECETTIVO DELL'ART. 2087 C.C. - CORESPONSABILITA' DEL DATORE DI LAVORO

08/05/2012

Cass. Civ. Sez. Lavoro - Sent. 6337/2012

Una recente sentenza della Corte Suprema di Cassazione (Sez. Lavoro) ha stabilito o, per meglio dire, ha confermato alcuni principi relativi alla (annosa) questione concernente gli infortuni sul luogo di lavoro. Il fatto in questione riguardava un incidente mortale occorso ad un lavoratore il quale, nell'utilizzare in cantiere la betoniera collegata (per il suo funzionamento) con l'energia elettrica, rimaneva folgorato nel tentativo d'operare un collegamento tra detta betoniera ed il cavo d'alimentazione della corrente in tensione, mentre regole di prudenza avrebbero imposto di disattivarla prima di procedere a detto collegamento. A carico del datore di lavoro il Giudice d'appello ravvisava tuttavia gravi violazioni delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro, quali il pessimo stato della betoniera, l'assenza dell'interruttore differenziale salvavita ecc.. La Corte di Cassazione ha confermato che ne il dipendente, ne il datore di lavoro potevano andare esenti da colpa nella causazione dell'infortunio sul lavoro, cosi riconoscendo un concorso di colpa al 50%. La difesa del datore di lavoro, tuttavia, gia in sede di appello lamentava la propria totale estraneita in quanto:

1) il tentativo di operare un collegamento diretto tra la betoniera ed il cavo di alimentazione non rientrava nelle mansioni del lavoratore (essendo egli manovale generico), ragion per cui la sua condotta autonoma (che gli costava la vita) era da considerarsi abnorme, arbitraria ed imprevedibile da parte del datore di lavoro,

2) non vi era alcuna necessita di predisporre un interruttore differenziale in mancanza di una specifica disposizione antinfortunistica in tal senso.

Diverse, invece, le conclusioni cui e giunta la Suprema Corte al riguardo.

Premesso infatti che era pacifico che il dipendente stesse lavorando nel cantiere e che fosse morto, fulminato, mentre era intento nella sua attivita lavorativa, non si poteva di conseguenza sostenere che l'infortunato stesse facendo qualcosa che esulava dalle consuete mansioni affidategli, ragion per cui la Cassazione ha respinto le tesi difensive datoriali richiamando il contenuto precettivo dell'art. 2087 c.c.; detta disposizione, fondata sul generico dovere di prudenza, diligenza, osservanza delle norme tecniche e di esperienze - parallela all'art. 43 codice penale - stabilisce che l'imprenditore e tenuto ad adottare tutte le misure che secondo le particolarita del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrita fisica e la personalita morale dei prestatori di lavoro avendo tale precetto, come tutte le clausole generali, funzione di adeguamento dell'ordinamento alla sottostante realta socio-economica e, pertanto, "valevole a supplire alle lacune di una normativa che non puo prevedere ogni fattore di rischio con adeguamento di essa al caso concreto".

La sicurezza del lavoratore, pertanto, secondo la Cassazione costituisce un bene di rilevanza costituzionale che impone - a chi si avvalga di una prestazione eseguita in stato di subordinazione - d'anteporre al proprio (legittimo) profitto la sicurezza di chi esegue tale prestazione, adottando ogni cautela che lo specifico contesto lavorativo necessariamente richieda (vedasi anche Cass.Civ., n. 17314/2004).