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Indennità risarcitoria a tutele crescenti. Le motivazioni della Corte

29/11/2018

Corte Costituzionale, sent. n.194, 26/09/2018

La Corte Costituzionale spiega perché anche nei contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato stipulati dopo il 7 marzo 2015, nell’ipotesi di licenziamento illegittimo, le mensilità da pagare non possono essere ragguagliate alla (sola) anzianità lavorativa del dipendente, ma ad altri fattori, ben più pregnanti di detto parametro.

Vediamo il tutto nel dettaglio.

Il Giudice delle Leggi aveva infatti ritenuto fondata la questione di illegittimità costituzionale del Jobs act, nella parte in cui prevede la parametrazione dell’indennizzo per il licenziamento illegittimo ancorato unicamente all’anzianità lavorativa del dipendente. 

In questo senso, è bene ricordare che i dipendenti assunti dal marzo 2015, in ipotesi di licenziamento dichiarato illegittimo dal Tribunale potevano aspirare, nel massimo, a due mensilità per ogni anno lavorato.

Anche la trattativa stragiudiziale, del resto, si ancorava alle possibilità – anch’esse disciplinate nel Jobs act – di chiudere la controversia con (appena) una mensilità per ogni anno di lavoro svolto.

E queste tutele apparivano in aperto contrasto con chi, invece, era stato assunto precedentemente al marzo 2015, a cui era riservata, nei casi più delicati, la reintegra sul luogo di lavoro, ovvero, sempre a fronte dell’illegittimità del licenziamento, sino ad un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, quando le condizioni delle parti e le dimensioni dell’impresa suggerivano di procedere con una tutela economica piuttosto forte per l’illegittimo provvedimento espulsivo.

Ebbene, è da qui che i Supremi Giudici hanno ritenuto di partire, per arrivare alla convinzione non già che la problematica sia data dalle due mensilità su base annua di tutela per un licenziamento illegittimo, ovvero in ragione della disparità di trattamento dei nuovi assunti con quelli invece che avevano consolidato nel tempo il rapporto di lavoro, bensì su un (solo) altro aspetto, di per sè molto più semplice.

Il principio di uguaglianza non appare rispettato, secondo il Giudice delle Leggi, poiché non può essere considerato utile, ai fini della quantificazione della tutela, una parametrazione ancorata alla sola anzianità lavorativa, dovendo diversamente essere valutata dal giudice di merito, anche la condizione delle parti, le dimensioni dell’azienda, ed il numero di dipendenti occupati.

Detto controllo non può, continua la motivazione, essere lasciato in maniera neutra alla operatività della legge, ma deve essere sottoposto al vaglio giudiziale.

Nei fatti pertanto, l’intervento della Corte Costituzionale ci consegna una tutela per i licenziamenti illegittimi simile per tutti i lavoratori, siano questi nuovi o vecchi assunti, lasciando alla sola differenza della reintegra, prevista in ipotesi davvero residuali, quella “maggior tutela” per i vecchi dipendenti, essendo la stessa prevista nelle ipotesi della inesistenza del fatto contestato, o alla manifesta insussistenza del giustificato motivo oggettivo, oggettivamente quindi casi davvero “rari” nei Tribunali italiani.