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I confini della tutela delle banche dati, tra diritto d’autore e tutela sui generis

17/04/2019

Le banche di dati, ossia le raccolte di dati memorizzate e consultabili elettronicamente, costituiscono, insieme ai programmi per elaboratore, un tipico bene informatico, che negli ultimi anni ha acquistato una sempre crescente importanza economico sociale, trattandosi spesso di un fondamentale e necessario supporto di plurime attività, commerciali, industriali, culturali, politiche.

Di quale tutela godono?

Le banche di dati sono ricomprese nell’ambito delle opere dell’ingegno, in quanto beni immateriali; l’ordinamento comunitario ha riconosciuto alle banche dati una specifica ed autonoma tutela attraverso la Direttiva 96/9/CE.

La tutela giuridica delle compilazioni di dati statuita dalla Direttiva si dirama in due direzioni, in quanto sono previste due tipologie di privative:

  • da un lato si riconosce all’autore delle nuove creazioni, l’esclusiva del diritto d’autore,
  • dall’altro, è riservata a favore di un particolare soggetto, un diritto chiamato sui generis. Tale soggetto è il costitutore della banca di dati, e cioè quel soggetto, persona fisica, ma più spesso giuridica, che si accolla i rilevanti investimenti, di tempo, denaro e lavoro, che sono reputati indispensabili per la creazione della banca di dati. La tutela sui generis è concettualmente svincolata da quella del diritto d’autore, e deve essere intesa come tutela dell’insieme dei contenuti delle raccolte di dati.

Il diritto d’autore è riconosciuto a quelle banche di dati che costituiscono creazioni intellettuali dell’autore che opera la scelta o la disposizione del materiale, che devono avere un carattere creativo.

Le raccolte di dati che non soddisfano i requisiti di proteggibilità del diritto d’autore, si avvarranno della tutela sui generis, concepita proprio per remunerare gli investimenti effettuati; in sostanza viene tutelato il risultato finale di un’attività che non dia vita ad un’opera dell’ingegno bensì ad un bene giuridicamente rilevante e meritevole di tutela in ragione degli ingenti investimenti finanziari, di tempo e di lavoro. Il costitutore di una banca dati è titolare di un diritto sui generis e può vietare le operazioni di estrazione ovvero di reimpiego della totalità o di una parte sostanziale delle informazioni contenute nella banca dati.

In Italia le banche di dati sono tutelate dalla legge sul diritto d’autore, come modificata dal D.lgs. 6 maggio 1999, n. 169 attuativo della direttiva 96/9/CE.

Il Tribunale di Bologna, sezione imprese, con una sentenza dello scorso giugno (n. 2010 del 13/6/2018) in applicazione dei principi di cui sopra ha però respinto la domanda di una società operante nel settore dei servizi di consulenza e assistenza in materia di proprietà industriale, che lamentava la sottrazione da parte di alcuni ex collaboratori di informazioni contenute in una banca dati aziendale.

Il Tribunale ha escluso la tutela del diritto d’autore ritenendo che la banca dati non fosse oggetto di una particolare attività creativa, quanto piuttosto il comune sfruttamento di software diffusi in commercio.

I giudici del merito hanno escluso anche la c.d. “tutela sui generis” rilevando la mancanza di prova degli ingenti costi sostenuti in termini finanziari e/o organizzativi in applicazione della giurisprudenza comunitaria secondo cui il fatto che il costitutore della banca dati non sia anche colui che ha creato gli elementi che sono in essa contenuti non esclude che la sua banca dati possa essere tutelata dal diritto sui generis, purché dimostri che il conseguimento dei detti elementi, la loro verifica o la loro presentazione hanno dato luogo ad un investimento rilevante, autonomo rispetto alla creazione di questi elementi.