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IL FALLIMENTO DELLA SOCIETA' NON COMPORTA L'ESTINZIONE DELLA SANZIONE EX D.LGS. 231/2001
Cassazione penale, sez. V, 15/11/2012 n. 44824
In un caso in cui una società dichiarata fallita era anche imputata per l'illecito amministrativo di cui al D.Lgs.n. 231/2001 (in relazione a varie fattispecie di delitto commessi nell'interesse della società da soggetti in posizione apicale) il GUP di Roma aveva dichiarato estinto l'illecito amministrativo. Il GUP aveva infatti assimilato il fallimento della società alla morte del reo, ritenendo pertanto che come questa comportasse l'estinzione del reato. Contro la sentenza hanno proposto ricorso in Cassazione i pubblici ministeri e la Suprema Corte, contrariamente al GUP, ha ritenuto che la dichiarazione di fallimento non produce l'estinzione della società, che non consegue automaticamente neppure alla chiusura della procedura, rendendosi necessario un atto formale da parte del Curatore ovvero la cancellazione dal registro delle imprese. A ciò aggiungasi come la sanzione eventualmente irrogata all'ente ex D.Lgs.n. 231/2001 nel corso del fallimento potrà legittimare la pretesa creditoria da parte dello Stato solo mediante l'insinuazione al passivo, con credito assistito da privilegio.; la Cassazione pertanto ha accolto il ricorso dei PP.MM, rinviando al giudice di primo grado per una nuova valutazione in ordine al rinvio a giudizio della società sulla base del seguente principio: “il fallimento della società non è equiparabile alla morte del reo e quindi non determina l'estinzione della sanzione amministrativa prevista dal D.Lgs. 231/2001”.