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Indennità risarcitoria a tutele crescenti: cambia tutto

02/11/2018
Eravate oramai certi che le indennità per i licenziamenti dichiarati illegittimi fossero poca cosa per i lavoratori assunti con i contratti a tutele crescenti (e pertanto per tutti i lavoratori a tempo indeterminato assunti dopo dal marzo 2015)? Nulla di meno vero secondo la Corte Costituzionale.

I Giudici delle Leggi hanno dichiarato infatti fondata la questione di illegittimità costituzionale del Jobs act, nella parte in cui prevede la parametrazione dell’indennizzo per il licenziamento illegittimo ancorato unicamente all’anzianità lavorativa del dipendente.

Va ricordato infatti che per i “nuovi assunti”, il dipendente, salvi i casi di rotorisività del licenziamento o la palese discriminazione del provvedimento espulsivo, poteva aspirare per l’illegittimo licenziamento a sole 2 mensilità per ogni anno lavorato, con minimo di 4 e massimo di 24 mensilità (Il c.d. decreto dignità aveva portato questi limiti rispettivamente a 6 mensilità di minimo e 36 di massimo). Una tutela ben diversa quindi, da quei dipendenti assunti prima del marzo 2015, che invece vedevano riconoscersi la tutela reintegratoria ovvero da 12 a 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, tutte le volte in cui il licenziamento non superava il vaglio giudiziale.

Non solo, quindi, una tutela ben più forte e stringente, ma anche una discrezionalità del giudice parametrata alla mera anzianità lavorativa, ma anche alle condizioni delle parti, al numero di dipendenti impiegati ecc.., e – di fatto – alla fattispecie sottoposta ad esame.

Una differenza, quella tra i neoassunti e i dipendenti “storici” troppo marcata, tale da ledere il principio di uguaglianza ed infatti, sostiene la Corte: “la previsione di un’indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del lavoratore è contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione”.

Una rivoluzione, quindi, di cui si comprenderà la portata solo al deposito delle motivazioni, ma che ha iniziato a creare “scompiglio” tra gli addetti ai lavori, poiché, soprattutto per i neoassunti, una cosa è trattare con un parametro fissato dalla legge e ancorato alla sola anzianità di servizio, altro è, invece, considerare l’intero rischio di una forbice che, nel massimo, può anche arrivare a tre anni di indennizzo.