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DURC NEGATIVO ed obbligo di preavviso di regolarizzazione: il Consiglio di Stato rinvia alla Corte di Giustizia europea

24/03/2015

Ordinanza Cons.Stato, IV°, 11/3/2015, n. 1236

Come noto l'art. 38, comma 1° lett i) stabilisce che “Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure[.] i soggetti:[.] i) che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali ed assistenziali”, ove per “gravi” devono intendersi “le violazioni ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva[.]” (art. 38, comma 2°).

Il dato normativo parla chiaro, in quanto l'irregolarità che può motivare l'esclusione sussiste solo allorquando l’inadempimento all'obbligo di versamento degli oneri previdenziali ed assistenziali risulti tanto “grave” quanto “definitivamente accertato”.

Il D.M. 24/10/2007 Ministero Lavoro e Previdenza Soc ha introdotto i parametri di valutazione di detta “gravità” (art. 3), tali da ostare al rilascio del DURC regolare nel caso di

  • scostamento superiore al 5% delle somme dovute rispetto a quelle versate e, comunque,

  • scostamento superiore a 100,00 €,

delegando all'Ente previdenziale l'accertamento di dette condizioni; all'atto d'emissione del DURC, quindi, l'Ente deve verificare la “gravità” delle omissioni, prima di poterle annotarle.

Diversa è invece la situazione relativa alla “definitività" degli accertamenti richiesta dall'art. 38, stante la non sufficienza della semplice annotazione nel DURC per attestarla; ciò è quanto disposto dal successivo art. 7 del medesimo D.M. 24/10/2007, secondo cui “in mancanza dei requisiti[.] gli Istituti, le Casse edili e gli Enti bilaterali[.] invitano l'interessato a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a 15 giorni”; l'intento del Legislatore è dunque quello di sanzionare con l'esclusione il concorrente che non solo abbia omesso il versamento di oneri importanti - ovvero d'importo tale da risultare (appunto) “gravi” - ma che abbia anche omesso detto versamento “in via definitiva”, cioè non per mero errore o disattenzione, ma scientemente e/o per effettiva impossibilità di farvi fronte.

L’obbligo d'invito alla regolarizzazione è stato poi definitivamente recepito nell’art. 31, comma 8 del D.L. 21/6/2013, n. 69, (conv. Legge 9/8/2013, n. 98), che prevede “in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio [.] invitano l'interessato [.]a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause dell'irregolarità”

Nel disciplinare il preavviso d'accertamento negativo il Legislatore ha dunque procedimentalizzato l’obbligo d'attivare la regolarizzazione prima di ritenere “definitiva” un'annotazione nel DURC, di talchè solo nel caso in cui, entro 15 gg., l’operatore economico non abbia contestato o regolarizzato la propria posizione, potrà allora essere considerato “non in regola” e, quindi, detta sua irregolarità ritenuta a tutti gli effetti “definitiva”. In altri termini non è sufficiente l'annotazione nel DURC per dimostrare la “definitività“ di un accertamento, in quanto la “non regolarità” non attesta la “definitività” di un inadempimento fintanto che non si sia completamente esperito il sub-procedimento di segnalazione al contribuente, ogni possibile contestazione e/o rettifica, per giungere poi a quella “definitività” che NON legittima la partecipazione alle gare ex art. 38 D.Lgs.n. 163/2006.

La giurisprudenza fino a pochi anni fa non aveva dato pieno conto della differenza fra “gravità” e “definitività”; così il Consiglio di Stato V° 16/9/2011, n. 5194 ritenevano che “la regolarizzazione contributiva prevista dall'art. 7, comma 3° d.m. 24 ottobre 2007 non trova applicazione nel caso di richiesta di certificazione preordinata ai fini della partecipazione a gare d'appalto [.] in ragione delle esigenze di celerità che permeano le procedure di affidamento [.] alle quali non si addice quel dilatarsi dei tempi per il rilascio del D.U.R.C.”.

Di diverso avviso il piu' recente Consiglio di Stato, V°, 14/10/2014, n. 5064, che ha chiarito come “l'invito alla regolarizzazione è stato recepito a livello di legislazione primaria con l'art. 31, comma 8 D.L.n. 69/2013 conv. L.n. 98/2013”, da cui ne consegue che “la norma primaria costituisce la conferma di un preciso indirizzo di politica legislativa volto a favorire la massima partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici”.

La questione manifesta ancora una certa “conflittualità”, tanto è vero che lo stesso Consiglio di Stato, V°, 23/2/2015, n. 874, ha diversamente sostenuto che “l'art. 31, comma 8 D.L. 21 giugno 2013, n. 69 convertito con modificazioni nella Legge  9 agosto 2013, n. 98 [.] riguarda l'ente preposto al rilascio o all'annullamento del DURC ma non la stazione appaltante, non potendo quindi pregiudicare la legittimità degli atti di gara. [.] Tantomeno, quindi, le stazioni appaltanti possono sindacare la legittimità [.] del DURC, che deve invece essere contestata dall'interessato con le forme ed i mezzi previsto dall'ordinamento”.      

Stante dunque questa evidente contrapposizione fra opposte posizioni giurisprudenziali, la sez. V° del Consiglio di Stato ha deciso di rinviare, con ordinanza n. 1236 del 11/3/2015, alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la questione se la normativa italiana, relativamente al caso di un DURC portante un'irregolarità non definitiva (e sanata prima della verifica in gara), contrasti con l'art. 45 della Direttiva 18/2004 nonché con l'art. 57, comma 2 della nuova Direttiva 24/2014.

Quattro le motivazioni che hanno spinto il Consiglio di Stato a detto rinvio:

a) in primo luogo la normativa italiana prevede l'acquisizione “d'ufficio” del DURC alla data di partecipazione alle gare, mentre l'art. 45 dir. 18/2004/CE dispone l'allegazione del DURC da parte del concorrente all'atto dell'aggiudicazione; in tal modo il sistema italiano  prevede “il controllo d'ufficio e storico della regolarità contributiva, senza possibilità di regolarizzazione in corso di gara, contrasta con la ratio ed il tenore dell'art. 45”;

b) sempre l'art. 45 Direttiva 18/2004 richiede poi la regolarità “attuale”, nel senso che detta deve “sussistere al momento dell'esclusione”, mentre l'ordinamento italiano dà invece rilievo all'”inadempimento storico”, che ha tuttavia come effetto quello di “ridurre la possibilità di utile partecipazione”;

c) l'ordinamento italiano risulta poi in contrasto anche con l'art. 57, comma 2° della nuova Direttiva 24/2014, secondo cui “un operatore economico che si trovi in una delle situazioni[.] che determinerebbero l'esclusione può fornire prove del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità nonostante l'esistenza di un pertinente motivo d'esclusione. Se tali prove sono ritenute sufficienti, l'operatore economico in questione non è escluso dalla procedura d'appalto”; il versamento degli oneri previdenziali precedentemente omessi – peraltro senza alcuna preventiva diffida da parte degli Enti preposti - deve quindi ritenersi certamente  una “prova sufficiente” a dimostrazione dell'affidabilità del concorrente;

d) infine l'art. 38 favorisce di fatto i concorrenti stranieri – per i quali non è possibile l'acquisizione d'ufficio del DURC “storico” – a scapito di quelli italiani, creando dunque una vera e propria “discriminazione alla rovescia”.

Restiamo fiduciosi in attesa di conoscere il pensiero del Giudice europeo su una questione che tante volte ha portato in gara all'esclusione di validi concorrenti e che, altrettante volte, ha  visto l'instaurarsi di cause avanti i TT.AA.RR. nel tentativo di farli riammettere.