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Dispositivi medici: i contratti internazionali fra gli operatori economici

07/12/2022
Alessia Dioli
David Vaccarella

L’internazionalizzazione dell’impresa italiana passa inevitabilmente attraverso il commercio con altri soggetti appartenenti ad altri Paesi (comunitari e non).

Se sotto il profilo regolatorio il reg. Ue 2017/745 (e già prima la dir 93/42/CEE) ha uniformato le discipline di prodotto tra Stati UE, lo stesso non si può dire per gli aspetti civilistici e commerciali che, non codificati da norme sovranazionali, rimangono di libera determinazione delle parti.

In altre parole: il mercato europeo è “unico” per quanto attiene alle regole di realizzazione ed immissione sul mercato dei dispositivi medici, mentre non vi è stata analoga armonizzazione per quanto attiene alle regole di commercializzazione.

Ne deriva che il contratto di vendita o di acquisto tra azienda italiana ed azienda fuori dal territorio italiano (sia esso europeo o internazionale) è - in tutti i casi - un “contratto internazionale”.

Il carattere di internazionalità di un contratto può essere definito in molti modi diversi. Le soluzioni adottate, sia a livello nazionale che internazionale, vanno dal riferimento alla sede d'affari o alla residenza abituale delle parti in Stati diversi, all'adozione di criteri più generali come la circostanza che il contratto presenti "collegamenti significativi con più Stati", "comporti una scelta circa il diritto applicabile", ovvero "interessi il commercio internazionale”.

Nei rapporti di business internazionali, il rapporto fiduciario fra le parti è operativamente molto più debole ed è per questo che è fortemente raccomandabile che le relazioni commerciali vengano contrattualizzate mediante accordi scritti che devono essere necessariamente rafforzati. Sotto questo profilo, la mancata sottoscrizione di un contratto comporta – ad esempio - la mancata scelta delle parti della legge applicabile al contratto inteso come rapporto giuridico patrimoniale.

Se le parti non scelgono la legge applicabile al contratto:

  • In ambito extra UE le norme di diritto internazionale privato variano da ordinamento a ordinamento (e quindi da Paese a Paese); pertanto la legge che verrà ritenuta applicabile al contratto sarà palesemente diversa a seconda del giudice che per primo verrà adito. Questi verosimilmente sceglierà le norme internazional-privatistiche del suo ordinamento giuridico. In base al diritto applicato, verrà modificato anche il risultato del giudizio;
  • In ambito UE trova applicazione la Convenzione di Roma del 1980. Ai sensi dell'art 4 diRoma I, la regola generale è che un "il contratto è disciplinato dalla legge del paese in cui la parte tenuta ad eseguire l'esecuzione caratteristica del contratto ha la sua residenza abituale", e dove tale legge non può essere determinata, “dalla legge del paese con il quale è più strettamente connesso;
  • Nel caso di vendita internazionale di beni mobili, potrà trovare applicazione la Convenzione di Vienna (CISG) che facilita il commercio internazionale ponendo delle norme comuni che si sostituiscono alle norme di diritto interno che regolano il contratto di vendita e che si devono applicare in caso di vendite che rientrano nei requisiti della convenzione. L’art. 11della Convenzione stabilisce che il contratto di vendita non deve essere concluso né constatato per iscritto né sottoposto ad alcun'altra condizione formale. Può essere provato con qualsiasi mezzo, ivi compresi i testimoni;

Per questo è auspicabile che le parti scelgano a priori il diritto sostanziale applicabile al contratto mediante una clausola ad hoc: il contratto "è interamente sottoposto al diritto [...], che ne regola la conclusione, esecuzione e cessazione, ed in base al quale esso sarà interpretato, anche al fine della risoluzione delle controversie da esso nascenti".

Su questo fronte si intravedono le prime complicazioni che può comportare la mancata scelta della legge applicabile.

Inoltre, se l’internazionalità del contratto può, come visto, costituire un problema per qualsiasi tipologia di business transnazionale, lo è a maggior ragione quando la distribuzione riguarda i dispositivi medici.

A tal proposito, come già sottolineato, si evidenziano che sono numerose le normative sovranazionali che impongono vincoli sugli operatori che commercializzano i dispositivi medici (reg. 768/2008/CE, reg. UE 2019/1020, reg. UE 2017/745, reg. UE 2017/746, ecc..). Si pensi agli obblighi dei fabbricanti o dei distributori delineati dagli artt. 10 e 14 del reg. UE 2017/745. (Per approfondire il tema rimandiamo al nostro white paper "MDR-e-operatori-economici-nuovi-compiti-e-responsabilita"

Vediamo ora, al contrario, i vantaggi che comporta la negoziazione e la sottoscrizione di un contratto internazionale di distribuzione di dispositivi medici.

Prevenire le controversie

In primo luogo, la redazione di un completo contratto internazionale di distribuzione di dispositivi medici previene possibili conflitti fra coloro che lo hanno sottoscritto. Infatti, qualora una parte dovesse lamentare qualche inadempimento dell’altra, sarebbe sufficiente appellarsi alle disposizioni contrattuali.

Regolare le controversie

Nelle ipotesi in cui la volontà delle parti sia stata manifestata solo verbalmente o tramite ordini succinti effettuati via mail, determinare i reciproci obblighi nel caso di conflitto può diventare complesso

Invece, sottoscrivendo un contratto, seppur la possibilità di controversia non venga del tutto elisa, è innegabile che il giudice disponga di un testo (il contratto) in base al quale assumere la sua decisione senza affidamento su altri mezzi probatori (si pensi alla difficoltà di provare il contenuto del contratto concluso “verbalmente” tramite dei testimoni).

Evitare l’intromissione di norme appartenenti al Paese a cui la legge applicabile fa riferimento

Gli ordinamenti giuridici dei Paesi di civil law tendono a limitare l’autonomia contrattuale delle parti con delle norme codificate che si applicano al rapporto contrattuale. Per tale motivo, spesso, i contratti “italiani” (così come in Spagna o Francia) risultano più scarni rispetto a quelli conclusi nei Paesi anglosassoni dove vige la common law, proprio in ragione del fatto che le norme codificate sopperiscono e vanno ad integrare le previsioni contrattuali.

Al fine di ovviare a questo problema, in un contratto internazionale dove la legge applicabile è quella italiana è possibile sostituire le norme derogabili con delle prescrizioni ad hoc stabilite fra le parti. A mero titolo di esempio, si pensi alla mancata determinazione del tempo di esecuzione delle prestazioni. Se non fosse regolato altrimenti fra le parti, ai sensi dell’art. 1183 cod. civ., il creditore potrebbe esigere la prestazione immediatamente.

Regolare gli obblighi che nascono dalla normativa europea sui dispositivi medici applicabile (reg. UE 2017/745, reg. UE 2017/746, ecc..)

Fra i vantaggi più importanti della regolazione dei rapporti internazionali per mezzo di un contratto di distribuzione di dispositivi medici si rinviene la possibilità di regolare la c.d. “gestione della qualità”. Infatti, gli obblighi dei vari operatori economici delineati dai regg. 2017/745 e 2017/746 si riflettono sulle parti di un rapporto giuridico internazionale.

Si pensi al caso in cui un fabbricante italiano di dispositivi medici di classe IIa voglia incaricare un distributore polacco. In questo caso, il fabbricante deve rispettare gli obblighi stabiliti dall’art. 10 reg. UE 2017/745 mentre il distributore quelli previsti dall’art. 14.

Orbene, tali obblighi sono perlopiù generici e la normativa europea non prevede le concrete modalità di esecuzione. Per tal motivo è necessario che le parti collaborino e concordino preventivamente le modalità di esecuzione di tali obbligazioni.

A tal proposito, si pensi all’obbligo del fabbricante prescritto dall’art. 10, par. 10, reg. UE 2017/745

I fabbricanti di dispositivi istituiscono e tengono aggiornato il sistema di sorveglianza post-commercializzazione di cui all’art. 83”.

Per adempiere a tale obbligazione il fabbricante è costretto a cooperare con il distributore che deve monitorare il dispositivo durante l’intera vita dello stesso.

Al fine di determinare le modalità di tale cooperazione, sarebbe utile, se non necessario, contrattualizzare le modalità operative per la comunicazione delle informazioni utili al fabbricante per svolgere correttamente l’attività di sorveglianza post-commercializzazione.

Con il presente contributo si è voluto accennare ai vantaggi che la regolazione dei rapporti commerciali transnazionali, in particolar modo nel settore dei dispositivi medici, possa aiutare gli attori in gioco nell’attuazione del rapporto commerciale ed evitare che gli stessi incorrano in potenziali contenziosi che potrebbero comportare l’elargizione di grandi somme di denaro per la rivendicazione dei propri diritti.