Autorizzazioni e strutture sanitarie private: l'apertura non può prescindere dal fabbisogno pubblico
Cons. di Stato, Sez. III, 07/03/2019, n. 1589
Il tentativo (riuscito) di semplificare la materia delle autorizzazioni e accreditamento sanitario che la Regione Lazio aveva perseguito con il Regolamento Regionale n. 20/2019, attuativo della L.R. n. 4/2003 dedicata alla materia sanitaria, per gli operatori del settore sembra già un lontano ricordo.
Il 13 agosto scorso, infatti, è entrata in vigore la L.R n. 14/2021 “Disposizioni collegate alla legge di Stabilità regionale 2021 e modifiche di leggi regionali”, che, tra le varie novità, ha inserito una importante modifica proprio alla L.R. n. 4/2003 e s.m.i. .
Più esattamente, l’art. 31, della recente novella normativa ha reintrodotto anche per le strutture di specialistica ambulatoriale il parere regionale obbligatorio e vincolante sulla verifica di compatibilità rispetto al fabbisogno di assistenza e alla localizzazione territoriale, in fase di autorizzazione alla realizzazione.
In questi anni, infatti, le diverse modiche normative alla L.R. n. 4/2003[1] avevano eliminato il vincolo di compatibilità al fabbisogno regionale per l’autorizzazione alla realizzazione, nonché ampliamento, trasformazione o trasferimento di una struttura ambulatoriale, e ne avevano mantenuto l’obbligatorietà esclusivamente per le strutture eroganti prestazioni in regime di ricovero ospedaliero e in regime residenziale e semiresidenziale.
Quanto sopra, inoltre, era stato perfettamente cristallizzato dal Regolamento Regionale n. 20/2019 attuativo della L.R. n. 4/2003 che semplificava, come già anticipato, l’intera procedura autorizzativa anche a livello di termini.
In tema di autorizzazione alla realizzazione, infatti, il menzionato Regolamento stabiliva che le strutture ambulatoriali dovessero “solo” inoltrare la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) al Comune di ubicazione della struttura interessata. L’autorizzazione alla realizzazione doveva intendersi rilasciata a seguito del riconoscimento della sussistenza del titolo abilitativo della SCIA.
Oggi, invece, ai sensi della nuova modifica legislativa l’iter autorizzativo dedicato alla fase della realizzazione si inasprisce prevedendo non solo un “passaggio” obbligatorio in Regione, ma altresì degli ulteriori termini da rispettare per l’ottenimento dell’eventuale parere di compatibilità[2].
Inoltre, la reintroduzione del parere obbligatorio in tema di fabbisogno, anche per le strutture ambulatoriali, presenta una ulteriore implicazione pratica che il legislatore regionale dovrà cercare di risolvere in tempi brevi.
La compatibilità al fabbisogno presuppone necessariamente una programmazione regionale territoriale, tuttavia, oggi, nonostante l’entrata in vigore della L.R. n. 14/2021 non vi è ancora tale atto regionale e quindi l’autorizzazione alla realizzazione, ai sensi della nuova normativa, sarebbe di fatto impossibile.
Nelle more pertanto della programmazione regionale, si auspica che la Regione Lazio non diventi destinataria delle stesse criticità che hanno contraddistinto la Regione Puglia negli ultimi anni.
Difatti, anche la Regione Puglia con l’emanazione della L.R. n. 9/2017 dedicata alle autorizzazioni sanitarie aveva introdotto la compatibilità al fabbisogno, aspettando tuttavia ben tre anni prima di procedere con la doverosa programmazione regionale: il risultato è stato un inevitabile caos autorizzativo, un conseguente proliferare di giudizi amministrativi da parte degli operatori del settore e l’irrimediabile pregiudizio in capo all’utenza sanitaria.
Invero, la questione legata al fabbisogno non è la sola modifica legislativa che sembra “appesantire” la materia delle autorizzazioni sanitarie.
L’art. 31, L.R. n. 14/2021, infatti, ha statuito che:
Disposizioni quelle appena descritte che certamente gravano e sovraccaricano le incombenze in capo a un soggetto autorizzato e che (forse) non apparivano strettamente necessarie all’interno di un iter procedimentale già certamente (e giustamente) scrupoloso in ogni fase che caratterizza l’ottenimento di una autorizzazione all’esercizio dell’attività sanitaria.
Dunque, le novità della legislazione regionale sembrano controcorrente rispetto al sistema di semplificazione che aveva caratterizzato tale normativa, soprattutto in materia sanitaria, e che oggi altre Regioni tentano di perseguire. [3]
In conclusione, la Regione Lazio con il recente intervento legislativo ha sicuramente guardato al passato, cercando probabilmente di rendere la normativa regionale il più vicino possibile al D.Lgs. n. 502/1992[4], non tenendo tuttavia in debita considerazione le esigenze pubblicistiche, amministrative e sanitarie dei nostri giorni e perdendo, inevitabilmente, l’occasione di essere una delle regioni con la disciplina autorizzativa più moderna e virtuosa del Paese.
Note:
[1] Più esattamente, le modifiche apportate dall’art. 69, comma 1, lett.a), L.R. n. 22 ottobre 2018, n. 7 e poi così modificato dall’art. 8, comma 5, lett. f), L.R. n. 7/2018.
[2] Art. 6, comma 1-ter “er tutte le strutture di cui all'articolo 4, comma 1, il comune, nel caso di cui al comma 1-bis, lettera a), entro dieci giorni dalla presentazione della domanda, invia la documentazione contenuta nella richiesta di autorizzazione di cui al comma 1 alla Regione, che esprime entro il termine massimo di quarantacinque giorni, con le modalità previste dal regolamento di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b), parere obbligatorio e vincolante concernente la verifica di compatibilità rispetto al fabbisogno di assistenza e alla localizzazione territoriale risultante dall'atto programmatorio di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), numero 1). Il comune rilascia l'autorizzazione nei medesimi termini di cui al comma 1-bis, lettera a)
[3] si veda, ad esempio, la Regione Lombardia, L.R. n. 23/2015
[4] Il D.Lgs. n. 502/1992 “Riordino della disciplina in materia sanitaria” , ai sensi dell’art. 8-ter, ha previsto un che, in materia di autorizzazione alla realizzazione, prevede una generale compatibilità al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale.