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Corte di cassazione: se mancano i documenti nella cartella clinica può essere provata la responsabilità del medico

23/05/2024
Gaspare Castelli
Elena Panella

Cass. civ., Sez. III, 26/04/2024, n. 11224

La Corte di cassazione ha chiarito un principio fondamentale nelle cause di malpractice sanitaria: la carenza parziale o totale della documentazione sanitaria non può essere valutata a sfavore del paziente e, in particolare, può portare il giudice a ritenere provata la responsabilità del medico.

Vediamo perché.

La vicenda

La vicenda vede coinvolti i familiari della defunta C.C., deceduta nell’ospedale di Taranto poco dopo più di 24 ore dall’ingresso in Pronto Soccorso a causa di un improvviso malore.

I parenti della signora, ritenendo di aver ingiustamente  subito un lutto a causa di un episodio di malpractice sanitaria, avevano deciso di agire in giudizio contro la struttura sanitaria al fine accertare eventuali negligenze e/o imperizie nell’operato dei medici.  

A ben guardare,  già dalle primissime fasi del procedimento di primo grado, i consulenti tecnici nominati dal giudice riscontravano un’importante lacuna nella documentazione sanitaria, grave a tal punto che gli stessi affermavano nella propria relazione di non poter ricostruire in modo adeguato l’evoluzione clinica della patologia, né addirittura definire con certezza la causa del decesso della signora.

Tale carenza documentale, che non era sfuggita né al giudice di primo grado né a quello di secondo grado, inaspettatamente conduceva quest’ultimo a ribaltare la sentenza con cui il Tribunale di Taranto condannava la ASL.

La Corte di Appello di Lecce, infatti, arrivava ad escludere la condotta negligente o imperita  dei medici dell’Ospedale di Taranto, ritendendo che la carenza della cartella clinici potesse essere surrogata dal “dettagliato ed accurato racconto degli eventi fatto nell’immediatezza” ai Carabinieri dalla sorella della defunta.

I familiari della vittima presentavano quindi ricorso contestando l’erroneità sentenza di secondo grado in quanto, a loro avviso, gli aveva ingiustamente imputato le conseguenze della carenza documentale, escludendo la responsabilità della struttura sanitaria.

La decisione della Cassazione

La vicenda in esame si è di fatto rivelata una preziosa occasione per chiarire alcuni dei principi cardine in tema di accertamento della responsabilità sanitaria.

Difatti, la Cassazione è chiara nel censurare l’errore della Corte d’Appello di Lecce che, oltre a valutare erroneamente la carenza documentale a sfavore dei ricorrenti, aveva escluso la responsabilità sulla base di prove irrilevanti e certamente inidonee a sopperire i dati che del diario medico, in quanto provenienti dalle dichiarazioni della sorella della defunta.

Sulla base di tali censure, la Corte di cassazione, in accoglimento del ricorso, ha chiarito che la carenza della documentazione sanitaria:

  • non può essere in alcun modo sopperita da fonti di altro genere (nel caso di specie, le dichiarazioni contenute nella denuncia-querela sporta dalla parente della defunta);
  • non può mai essere valutata a sfavore del danneggiato, ed anzi può (deve) essere utilizzata dal giudice per ritenere dimostrata l’esistenza di un valido legame causale tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente e, quindi, della responsabilità sanitaria.

Conclusioni

Sulla base di quanto affermato dalla Cassazione si deduce quindi l’onere in capo alla struttura sanitaria di tenere una documentazione sanitaria completa ed esaustiva per ciascun paziente ed in ogni circostanza, più o meno emergenziale. Ciò in quanto, una carenza documentale dovrà essere valutata dal giudice a favore del paziente e potrebbe esporre la struttura all’obbligo di risarcimento dei danni, anche quando l’operato sia stato corretto ed esente da censure.