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Il controllo del PC del dipendente da parte del datore di lavoro. Una sentenza importante

05/06/2018

Sent.Cass. Sez.Lav. n.13266/2018

La Cassazione stabilisce che il controllo del PC del lavoratore, se effettuato ai fini difensivi e per la tutela del patrimonio aziendale è sempre possibile e le risultanze possono essere poste a fondamento di un licenziamento disciplinare.

La vertenza era di pronta soluzione: il datore di lavoro, dopo aver verificato che il dipendente era intento a utilizzare il PC per fini ludici, procedeva ad un controllo mirato sulla cronologia dei siti presso cui era stata effettuata la navigazione, e da detta verifica emergeva un sistematico utilizzo del PC aziendale da parte del dipendente, volto più a giocare che a lavorare. Da qui il licenziamento per giusta causa.

Il lavoratore si era difeso sostenendo che il controllo eseguito sul Computer datogli in dotazione dal proprio datore di lavoro assurgeva di fatto ad un utilizzo illecito di quanto previsto dall’art.4 dello Statuto dei Lavoratori, consistendo detta attività in un controllo a distanza dell’attività del dipendente, come tale vietata in assenza di preventivo accordo con i sindacati e/o con l’ispettorato territoriale.

La Cassazione, però, la pensa diversamente.

Ciò che rileva nel caso di specie – secondo i Supremi Giudici - non è già il controllo delle attività svolte dal lavoratore ex post, le stesse svolte alla stregua di un controllo a distanza del lavoratore, bensì la tutela dei beni estranei dal rapporto di lavoro, quali il patrimonio aziendale e l’immagine dell’impresa. Da qui il richiesto giudizio di bilanciamento tra gli opposti interessi (riservatezza da un lato, patrimonio dall’altro) che a parere dei Supremi giudici era stato fatto correttamente. In altre parole, non si è utilizzato il controllo a distanza per la verifica delle mansioni svolte dal lavoratore, ma per la tutela degli interessi aziendali, così come sopra richiamati. Ciò, evidentemente, è del tutto lecito secondo la magistratura adìta.

Emerge, in maniera incontrovertibile, una decisione ponderata, ma altresì molto severa per il lavoratore che decidesse di utilizzare i beni aziendali (che costituiscono, in altre parole, il c.d. “patrimonio dell’azienda”) per fini privatistici e non connessi causalmente con l’attività lavorativa, non potendo invocare, esso dipendente, il divieto del controllo a distanza svolto sulla sua attività.