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CONTRATTI A TERMINE: Focus sui contratti a termine dopo le modifiche introdotte dal Decreto-Lavoro.
D.L. n. 76/2013 conv. da L. n. 99/2013
Il Decreto lavoro corregge (finalmente) il tiro della Riforma Fornero su alcune storture che si erano create in relazione ai contratti a termine.
Senza dubbio, la prima novità che merita di essere segnalata è proprio quella del “ritorno al passato” sugli intervalli tra due contratti a termine, riportati a 10 giorni per contratti di durata inferiore ai 6 mesi ed a 20 giorni per quelli con durata superiore ai 6 mesi.
La modifica introdotta appare necessaria tenuto conto che la L.92/2012 (la c.d. “Fornero”) aveva portato i due intervalli rispettivamente a 60 e 90 giorni; le giustificazioni, si era detto, andavano ricercate nell'abuso di tale tipo contrattuale e l'obiettivo, mai celato, di disincentivarlo a favore del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Tuttavia non si era tenuto conto dell'impatto della nuova normativa sui lavoratori, che sarebbero rimasti senza reddito fino a 3 mesi, e sulle aziende, che sarebbero state costrette a privarsi per un tempo così lungo di quel dipendente. Giustamente quindi si torna alla vecchia disciplina, ritenuta più conforme alle esigenze delle due parti contrattuali.
Altra importante novità riguarda i contratti a termine c.d. “acausali”.
E' noto infatti come la Riforma Fornero abbia introdotto nell'ordinamento italiano la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato, senza che ricorrano quelle ragioni tecniche, produttive o sostitutive prima ritenute necessarie per l'utilizzo di tale fattispecie contrattuale.
Le parti cioè (datore di lavoro e lavoratore) possono, nel limite dei 12 mesi, sottoscrivere contratti “liberi”, senza alcuna ragione espressa; il Decreto-Lavoro ha però previsto un'importante novità, e cioè che il contratto a termine “acausale” possa esse prorogato almeno una volta, tenuto conto del limite complessivo, da quantificarsi per l'intero sempre nei 12 mesi.
La novità merita di essere segnalata poiché oggi il Datore di lavoro può “provare” il Lavoratore anche per soli 30 giorni, e successivamente decidere di prorogare il termine per ulteriori 11 mesi, senza incorrere neppure nelle criticità tipiche della prova apposta al contratto.
Ultima modifica del Decreto-Llavoro, sempre in tema di contratti a termine, è quella introdotta a favore dei soggetti individuati dalla L.223/1991, e cioè i lavoratori in mobilità; questi ultimi sono quei soggetti che si trovano a conseguire un contributo statale di sostegno a reddito, a seguito di licenziamento collettivo, soggetti che “ex lege” vengono sollevati da tutti i limiti della contrattazione e termine, e pertanto agli stessi non si applicano né le limitazioni temporali sugli intervalli, né quelle del contratto a termine acausale, né ancora i limiti numerici.
Il Legislatore, in altre parole, ha preteso che per tali soggetti la riassunzione, da parte di un altro datore di lavoro, venga agevolata, con buona pace delle altre categorie.