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CONTINUA LO “SCONTRO” TRA LEGISLAZIONE E DEONTOLOGIA
Consiglio Nazionale Forense - Decisione 29 ottobre 2011
Mentre il Consiglio di Stato con l'Ordinanza 5 marzo 2012 (relatore De Nictolis) rinvia davanti alla Corte di Giustizia Europea la valutazione circa il rapporto tra deontologia e legislazione nazionale in tema di concorrenza (si veda la nostra Lettera Informativa - Marzo) , gli organi professionali continuano ad assumere decisioni che legittimano la limitazione della pubblicita in ragione dei principi deontologici.
Questa volta e il caso del Consiglio Nazionale Forense che ha sanzionato alcuni avvocati che avevano effettuato pubblicita attraverso un su un inserto pubblicitario pubblicato sulla rivista "City".
Piu esattamente veniva contestato in primo grado la violazione "del combinato disposto degli artt. 17/bis e 19 C.D.F..per aver diretto comunicazioni ed informazioni sulla propria attivita professionale, utilizzando in modo improprio mezzi consentiti e comunque in modo incompleto rispetto alle indicazioni obbligatorie normate. Il tutto con contenuto, forma e modalita irrispettose della dignita e decoro della professione, con locuzioni integranti messaggio pubblicitario e promozionale ad ampia divulgazione con la pubblicazione di un box pubblicitario sul quotidiano "City" n. 29 del 16.02.2009."c
Condannati in primo grado con la sospensione dell'attivita professionale, gli avvocati ricorrevano in secondo grado avanti al Consiglio Nazionale Forense.
Quest'ultimo, pur riducendo la pena al mero avvertimento, ribadiva la "supremazia" del dettato deontologico - che consente solo una comunicazione di tipo informativo - stabilendo che il messaggio :"era connotato da slogan sull'attivita svolta dai ricorrenti, ai quali si accompagnava una grafica tale da porre un evidente enfasi sul dato economico e su altre informazioni rappresentate in modo da costituire un indebita offerta di servizi e/o prestazioni professionali dirette all'indistinto e scarsamente competente pubblico dei lettori." E che inoltre che: "la pubblicita informativa essendo consentita nei limiti fissati dal Codice Deontologico Forense, deve, dunque, essere svolta con modalita che non siano lesive della dignita e del decoro propri di ogni pubblica manifestazione dell'avvocato ed in particolare di quelle manifestazioni direte alla clientela reale o potenziale. La pubblicita mediante la quale il professionista con il fine di condizionare la scelta dei potenziali clienti, e senza adeguati requisiti informativi, offra prestazioni professionali, viola le prescrizioni normative, integrando il messaggio modalita attrattive della clientela operate con mezzi suggestivi ed incompatibili con la dignita e con il decoro. Nel caso di specie la pubblicita posta in essere era da considerarsi impropria e quindi operata in violazione delle norme del codice deontologiche in relazione al contesto in cui appariva e al contenuto, da ritenersi accattivante, per il messaggio circa una competitivita sui prezzi nonche per la dimensione variabile dei caratteri."