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La Commissione UE emana le raccomandazioni sui test antigenici rapidi per la diagnosi dell’infezione da Covid-19

10/12/2020

Il 18 novembre 2020, la Commissione Europea ha adottato le Raccomandazioni sull’utilizzo di test antigenici rapidi, ovvero quei test basati sulla ricerca, nei campioni respiratori, di proteine virali antigeni e con un tempo di risposta, diversamente dai test molecolari (anche detti Test “RT – PCR”), di circa 15-20 minuti.

Sebbene infatti lo standard di riferimento per la diagnosi della COVID-19 siano attualmente ancora i test molecolari, ritenuti questi sia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sia dal Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) la metodologia più affidabile per diagnosticare i contatti, la continua evoluzione scientifica ha fornito la possibilità, tramite i test antigenici rapidi,  di avvalersi di nuove tecniche e strumenti al fine di testare  più velocemente i casi e avere un immediato tracciamento.

Le Raccomandazioni sono così volte a offrire degli orientamenti per un approccio comune circa:

  • i criteri da adottare per la selezione dei testi antigenici rapidi;
  • i contesti in cui l’uso di tali test è opportuno;
  • gli operatori addetti ai test;
  • la convalida e riconoscimento reciproco dei test antigenici rapidi e dei relativi risultati.

Criteri

Con riferimento ai criteri, il documento, che segue le Raccomandazioni europee del 28 ottobre 2020, invita a scegliere dei testi antigenici rapidi con una specificità e sensibilità rispettivamente di  ≤ 97% e ≤ 80% al fine di evitare il più possibile risultati falsi negativi e falsi positivi e, altresì, invita gli Stati Membri a garantire che i test rechino sempre la marcatura CE.

Contesto di utilizzo

Con riferimento al contesto, la Commissione, tra le varie raccomandazioni, precisa come l’uso dei test antigenici rapidi dovrebbe essere favorito e incentivato sia nelle strutture sanitarie, al fine di limitare l’impatto dell’infezione da COVID-19, durante l’accettazione e il triage di pazienti o ospiti sintomatici (fino a 5 giorni dalla comparsa dei sintomi), sia nei processi di screening della popolazione.

In relazione al processo di screening, la Commissione riconosce come il rischio di individuare dei casi di falsi sia compensato e controbilanciato dalla rapidità dei risultati e dalla possibilità di ripetere i test su coloro che sono risultati originariamente negativi. Da ciò si desume l’ulteriore sollecito di svolgere sempre un secondo test di conferma dopo il primo risultato negativo.

Da quanto sopra emerge chiaramente come l’uso dei test rapidi sia funzionale ogni volta in cui il contesto richieda urgentemente una primissima indicazione di risultato, ovvero in caso di carenza dei test molecolari.

Operatori sanitari

Per quanto riguarda gli operatori sanitari, la Raccomandazioni segnalano l’esigenza che per effettuare il prelievo dei campioni, i test, l’analisi dei test e per comunicare alle autorità i risultati sia sempre necessario del personale sanitario o di laboratorio addestrato.

Tuttavia, la Commissione Europea nel sollecitare gli stati membri a garantire la capacità e risorse sufficienti per il prelievo dei campioni e la comunicazione dei risultati ammette che “affinchè siano disponibili tali capacità potrebbe essere necessario addestrare ulteriori operatori addetti ai test, diversi dal personale sanitario”.


Convalida e riconoscimento dei risultati

Le Raccomandazioni invitano gli Stati Membri a utilizzare gli orientamenti tecnici elaborati dall’ ECDC in merito alla convalida clinica dei test rapidi per garantire l’affidabilità e la comparabilità dei risultati quando gli stessi effettuano delle verifiche indipendenti sui test antigenici rapidi.

Tra gli elementi da valutare in merito alla convalida clinica rientrano sicuramente fattori quali: l’utilizzo di test in contesti simili, il rispetto delle istruzioni del fabbricante, il confronto con lo standard di riferimento attuale dei molecolari e alla categorizzazione dei campioni.

Alla fine di un tale processo di convalida, gli Stati Membri sono invitati a condividere con la stessa Commissione e l’ECDC i risultati in modo tale che si possa individuare e uniformare una strategia di test comune, coerente e più efficace nella contrasto all’infezione da COVID-19.

Da quanto sin qui esposto, emerge palesemente l’intento comunitario di fornire degli indicatori utili e clinicamente efficaci in merito all’utilizzo dei test antigenici rapidi da parte degli Stati Membri, tuttavia, ancora una volta, l’indirizzo europeo si scontra con una sua difficile (reale) applicazione a livello nazionale.

Al riguardo, è sufficiente pensare che  la regolamentazione “pratica” dei test antigenici rapidi è di competenza delle singole Regioni e oggi sono pochissime quelle pronunciatesi sul punto (dove farli, con chi farli, quando farli).

Senza contare che le sporadiche normative regionali, ove presenti, risultano tra loro totalmente differenti, con un inevitabile danno in capo all’utenza e allo stesso sistema sanitario.