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Chi non partecipa alla mediazione e condannato al pagamento del contributo unificato

31/07/2012

Tribunale di Termini Imerese 9 maggio 2012

E’ stata senza dubbio una delle decisioni maggiormente commentate degli ultimi due mesi quella del Tribunale di Termini Imerese 9 maggio 2012 – Giud Angelo Piraino che ha condannato la parte che non si è presentata in mediazione al pagamento del contributo unificato. La decisione infatti, oltre ad essere la prima che applica tale sanzione, entra nel merito (in maniera molto appropriata e puntuale) della nozione di “giustificazione” per la mancata partecipazione.

Vediamo di ricostruire il quadro.

L’art. 8 comma 5 (come modificato dalla l.n. 148/2011) stabilisce che: “Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio” Allora la domanda che si pone è: quali possono essere i “giustificati motivi” che legittimano o non legittimano la mancata partecipazione? Il quesito è molto interessante in ragione del fatto che, oggi, uno dei maggiori problemi che si presentano in mediazione è proprio quello della mancata comparizione di una o più parti con conseguente impossibilità di “svolgere” la mediazione stessa; ove, al contrario, i dati ministeriali evidenziano come, nei casi di partecipazione di tutti, la mediazione presenta ha buone possibilità di successo.

Veniamo ora al caso specifico deciso dal giudice del Tribunale di Termini Imerese.

La controversia arrivata davanti al giudice viene sospesa e rinviata in mediazione. Parte convenuta non si presenta alla prima sessione fissata dall’Organismo inviando un fax nel quale di afferma testualmente “…la inutilità [della mediazione] in ragione del fatto che tale tentativo era stato espletato dopo la sezione civile proposizione del giudizio e …. l’impossibilita di una rinuncia anche parziale alle contrapposte ragioni delle parti “anche in ragione della acclarata ed atavica litigiosità tra le suddette” Il Giudice ha considerato tale “giustificazione” non accettabile. La decisione – con cui si condanna la parte al pagamento del contributo unificato – è molto interessante per le argomentazioni che vengono sviluppate. Infatti a fronte della valutazione di non presentarsi in mediazione in ragione della “acclarata ed atavica litigiosità delle parti” il giudice così argomenta: “…..le giustificazioni addotte non possono in alcun modo ritenersi valide, in considerazione del fatto che l’espletamento del tentativo obbligatorio di mediazione anche successivamente alla proposizione della controversia e espressamente contemplato dall’art. 5 del decreto legislativo n. 28/2010, ed in considerazione altresì del fatto che la sussistenza di una situazione di litigiosita tra le parti non può di per se sola giustificare il rifiuto di partecipare al procedimento di mediazione, giacché tale procedimento e precipuamente volto ad attenuare la litigiosità, tentando una composizione della lite basata su categorie concettuali del tutto differenti rispetto a quelle invocate in giudizio e che prescindono dalla attribuzione di torti e di ragioni, mirando al perseguimento di un armonico contemperamento dei contrapposti interessi delle parti….;

Molto interessante il passaggio finale in cui il Giudice – dimostrando di aver capito che la mediazione “lavora” su meccanismi e modalità del tutto differenti rispetto al giudizio civile – dichiara che la mediazione doveva essere espletata non solo in quanto trattasi di un istituto volto ad attenuare la “storica litigiosità delle parti” ma anche perché utilizza categoria che prescindono dalla “attribuzione di torti e ragioni” .

In sostanza il giudice ci dice che la litigiosità delle parti è il presupposto di ogni controversia e che la mediazione, parimenti al giudizio, è strumento di possibile risoluzione del conflitto; la differenza sta nelle diverse categorie concettuali che vengono utilizzate ai fini di tale risoluzione: gli “interessi” in mediazione, i “diritti” nel giudizio.