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APPRENDISTATO nel Decreto Lavoro

18/12/2013

Decreto Legge 76/2013
Sembra proprio che l'apprendistato sia il futuro contratto per le nuove generazioni; infatti il Testo Unico del 2011 prima, e il Decreto-Lavoro poi, hanno stabilito doversi attribuire a tale forma contrattuale la “modalità di ingresso prevalente dei giovani sul mercato del lavoro”.
E ciò la dice lunga sulla qualità attuale dei nostri istituti scolastici secondari, atteso come si dà per scontato che il lavoratore, soprattutto nei lavori manuali, certamente prima di iniziare a lavorare abbia bisogno di un periodo formativo, perché il bagaglio di nozioni in suo possesso non possono essere sufficienti.
Diciamo subito che si è, da un lato, fortemente incentivato il nuovo modello contrattuale con meccanismi premiali, mentre dall'altro si è semplificata notevolmente la materia; il “Piano Formativo”, ad esempio, può essere oggi un tutt'uno con lo “standard” regionale previsto per quel singolo settore; pertanto, anche in sede d'ispezione, l'indagine potrà vertere più sulla concreta attuazione del Piano e dell'impiego di quel lavoratore per le mansioni contrattualmente affidategli, non potendo invece essere verificata la validità del piano formativo, perché la stessa sarà stata – sotto il profilo della validità ed efficacia – già vagliata e predisposta dalla regione.
Si è poi sgombrato il campo, sempre in un'ottica di semplificazione, su quale debba essere la Regione che regola l'apprendistato, quando le dimensioni aziendali non ne individuano una specifica ma le unità locali insistono in più zone del paese; ebbene la regione competente sarà quella dove è presente la sede legale dell'impresa.
Viene poi creato il c.d. “Libretto formativo” in cui  Il lavoratore avrà, al pari di una macchina (con i tagliandi), la propria storia sull'istruzione ricevuta, così da poter “rivendere” la propria professionalità più facilmente.
La legge poi regola anche le modalità di accreditamento per gli organismi di istruzione, quelli cioè che devono provvedere alla professionalizzazione dei giovani, rendendo più competitivo il settore e le condizioni per potervi accedere, così come dispone norme specifiche sugli enti certificatori, anch'essi idonei a cristallizzare il tipo contrattuale intrapreso (con i soliti limiti giudiziari della certificazione); degno di nota è inoltre il regime transitorio, con passaggio dal “vecchio modello” (così come modificato nel 2011) a quello attuale (come riformato nel 2013), con possibilità di far confluire i tipi ivi previsti precedentemente con la disciplina oggi in vigore, rimettendo alla contrattazione collettiva le tempistiche massime tra il primo e il secondo periodo. Quest'ultimo punto, se possibile, sta ingenerando non poche perplessità in dottrina, complicando notevolmente la scelta dell'apprendistato per le aziende, perché non è ancora chiaro come possano professionalità acquisite con modalità di insegnamento diverse divenire – con un colpo di spugna – idonee a formare dei ragazzi giovani e preparati al mondo del lavoro.