Sentenza CGUE, 02/03/2023 (causa C‑C‑720/21)
Con sentenza del 2.03.2023, resa all’esito della Causa n. 760/21, la Corte di Giustizia fa da maestra sull’interpretazione della normativa unionale in materia di alimenti a fini medici speciali, medicinali e integratori alimentari.
La vicenda giudiziale
Una società austriaca notificava al Ministero competente l’immissione in commercio di alcuni prodotti qualificati come “alimenti a fini medici speciali” in ragione della loro composizione. In particolare, i prodotti in questione presentavano ingredienti volti ad impedire l’adesione dei batteri alle mucose delle vie urinarie, ed il cui utilizzo era raccomandabile in caso di infezioni urinarie.
Il Ministero rifiutava la qualificazione offerta dalla società poiché gli ingredienti che avrebbero dato luogo all’effetto indicato (nella specie: D-mannosio e mirtillo rosso) producevano i loro effetti non già attraverso l’ingestione nell’apparato digerente, bensì agendo sugli organi escretori renali.
La decisione del Ministero veniva impugnata avanti al Tribunale amministrativo di Vienna, il quale rinviava alla Corte di Giustizia per l’interpretazione di numerose questioni pregiudiziali.
La normativa comunitaria sugli alimenti a fini medici speciali
Gli alimenti a fini medici speciali sono prodotti disciplinati dal Regolamento delegato (UE) 2016/128 (che ha integrato il Reg. UE n. 609/2013). In particolare, il suddetto Regolamento definisce le caratteristiche degli alimenti a fini medici speciali, i quali:
- sono sviluppati in stretta collaborazione con gli operatori sanitari per alimentare pazienti affetti da una specifica malattia, disturbo o patologia oppure da una denutrizione conseguente a tale stato che rende impossibile soddisfare le esigenze nutrizionali del paziente con il consumo di altri alimenti;
- presentano una composizione variabile in relazione al disturbo o allo stato patologico per la cui gestione dietetica il prodotto è previsto;
- sono classificati in tre categorie: a) alimenti standard completi dal punto di vista nutrizionale che possono rappresentare l’unica fonte di nutrimento per le persone cui sono destinati; b) alimenti completi dal punto di vista nutrizionale, adattati ad una specifica malattia, che possono rappresentare l’unica fonte di nutrimento per i destinatari; c) alimenti incompleti che non sono idonei ad essere utilizzati come unica fonte di nutrimento.
Le statuizioni della Corte di Giustizia
Al fine di rendere più agevole la lettura, considerata la molteplicità dei quesiti pregidiziali posti dal Tribunale viennese, è utile soffermarsi su quanto statuito dalla Corte in relazione alla differenza tra un alimento a fini medici speciali e le altre categorie di prodotto sottoposte alla sua attenzione.
Differenza tra alimento a fini medici speciali e medicinale per uso umano
Si tratta di prodotti soggetti a regolamentazioni autonome. Tale autonomia dipende principalmente dalle caratteristiche peculiari di ciascun prodotto, tenuto conto in particolare dell’effetto che, per la finalità di utilizzo, lo stesso produce sulla salute dell’uomo.
Vi è da un lato, il medicinale definito come ogni sostanza o associazione di sostanze avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane, somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica (art. 1, punto 2, Direttiva 2001/83/CE).
Già da qui la prima distinzione fondamentale: gli alimenti a fini medici speciali, secondo la definizione del Reg. n. 609/2013, non consentono di fronteggiare una malattia, un disturbo o uno stato patologico, ma sono caratterizzati dalla loro unica funzione nutrizionale. Lo scopo, dunque, è quello di nutrire il paziente e non di curarlo. La funzione specifica dell’uno o dell’altro prodotto deve necessariamente essere verificata caso per caso, valutando se il prodotto ha o non ha effetto farmacologico sul paziente od una funzione diagnostica.
Anche nell’evenienza in cui la suddetta valutazione dovesse lasciare aloni di incertezza circa la qualificazione del prodotto, la normativa comunitaria si mostra preparata. Difatti, in caso di dubbio sulla corretta classificazione dei prodotti, operando a monte un bilanciamento di interessi che ha come obiettivo supremo quello di garantire elevata tutela alla salute umana, prevale all’applicazione della Direttiva 2001/83 sui prodotti medicinali (certamente soggetta a vincoli più stringenti per composizione, pubblicità, etichettatura, ed immissione in commercio).
Differenza tra alimento a fini medici speciali ed integratore alimentare
“Funzione” è la parola chiave.
Considerando la definizione degli integratori alimentari, vale a dire prodotti alimentari destinati ad integrare la dieta normale e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, si può giungere ad affermare (come del resto fa la Corte di Giustizia) che il loro uso può essere sovrapponibile a quello previsto per gli alimenti a fini medici speciali, anch’essi utilizzati a scopo nutrizionale.
Tuttavia, non sembrano pochi, né banali, gli elementi distintivi tra i due prodotti, soprattutto per:
- obiettivo: per gli integratori alimentari è quello – tautologico – di integrare la dieta normale; per gli alimenti a fini medici speciali è quello di sostituire completamente o parzialmente l’alimentazione;
- destinatari: gli alimenti a fini medici speciali sono destinati ai soli pazienti, diversamente dagli integratori alimentari;
- utilizzo: gli alimenti a fini medici speciali debbono essere utilizzati sotto controllo medico; caratteristica assente per gli integratori alimentari.
Sul punto, la Corte di Giustizia chiarisce che “le nozioni di integratore alimentare e di alimento a fini medici speciali (…) si escludono a vicenda”, occorre, infatti, “determinare caso per caso e in funzione delle caratteristiche e delle condizioni di utilizzo se un prodotto rientri nell’una o nell’altra nozione”.
Interpretazione delle nozioni di “gestione dietetica” e di “modifica della normale dieta”
Una delle altre questioni sottoposte alla Corte di Giustizia riguardava la possibilità che fosse garantito l’assolvimento della funzione di gestione dietetica, individuata come funzione specifica degli alimenti a fini medici speciali, anche attraverso la modifica della normale dieta (cioè attraverso l’assunzione di alimenti comunque disponibili).
La Corte osserva, sotto tale profilo, che gli alimenti a fini medici speciali sono alimenti sia destinati a costituire l’alimentazione completa o parziale di pazienti affetti da una malattia, sia appositamente formulati o elaborati per soddisfare specifiche esigenze nutrizionali del paziente. È sotto tale ultimo aspetto che è necessario individuare correttamente il destinatario di tale categoria di prodotti, cioè “pazienti con capacità limitata, disturbata o alterata di assumere, digerire, assorbire, metabolizzare o eliminare alimenti comuni o determinate sostanze nutrienti in essi contenute o metaboliti” (art. 2, par. 2, lett. g), Reg. n. 609/2013).
Ciò significa che la mera assunzione di sostanze nutrienti (di cui possono potenzialmente essere composti anche gli integratori alimentari e da intendersi come sinonimo di sostanze nutrienti disciplinate dal Reg. n. 1169/2011) non è sufficiente per soddisfare le esigenze nutrizionali compromesse dalla malattia, dal disturbo o dalla patologia del paziente. D’altra parte, se così fosse, non vi sarebbe motivo di regolamentare diversamente gli alimenti a fini medici speciali dagli altri prodotti composti da sostanze nutrienti ed aventi comunque una funzione di aiuto/completamento nutrizionale.
Diversamente, la “modifica della normale dieta” si inserisce all’interno di un contesto in cui non si potrebbe assolvere all’obiettivo di alimentare pazienti affetti da alcune patologie, poiché presupporrebbe in ogni caso il consumo di alimenti comuni. La sola modifica della normale alimentazione non potrebbe, infatti, applicarsi a quei soggetti impossibilitati ad apportare tale modifica, o per i quali la modifica dell’alimentazione potrebbe essere pericolosa per la salute.
Criteri per stabilire se un prodotto sia “da utilizzare sotto controllo medico”
La questione pregiudiziale, certamente non di poco conto, mirava a comprendere se l’utilizzo sotto controllo medico fosse un requisito necessario ai fini della qualificazione di un prodotto come alimento a fini medici speciali.
Il dubbio sorgeva proprio in relazione alla formulazione della definizione di tale prodotto all’interno del Reg. n. 609/2013. Tuttavia, la Corte esclude che il suddetto requisito possa considerarsi una condizione necessaria per la qualificazione del prodotto come alimento a fini medici speciali, poiché se così fosse il fabbricante sarebbe sottoposto a rispettare obblighi indipendenti dal suo controllo, rendendo il requisito di fatto inapplicabile. È pur tuttavia un parametro che le autorità nazionali debbono prendere in considerazione nelle verifiche successive all’immissione in commercio.
L’intento della norma comunitaria rispetto al requisito in parola è sostanzialmente rafforzare una caratteristica intrinseca del prodotto, rispetto all’uso del quale il personale sanitario interviene in più fasi: sia a monte della vendita, considerato che il consumo del prodotto deve essere specificatamente raccomandato (sebbene non prescritto) in considerazione delle esigenze nutrizionali del paziente; sia durante il consumo del prodotto, affinché possano essere valutati gli effetti sulle esigenze nutrizionali del paziente. D’altra parte, la raccomandazione del prodotto non tiene conto dalla sola specifica malattia sofferta dal paziente (rispetto alla quale può ragionevolmente cambiare la composizione dei prodotti), ma altresì dei vantaggi e dell’efficacia del prodotto nel rispondere alle specifiche esigenze nutrizionali del paziente stesso.
In conslusione
Come spesso accade, la qualificazione di un prodotto da parte del fabbricante è attività assai complessa, che non si presta ad una valutazione standardizzata ma corredata da una verifica circa la finalità, lo scopo, la funzione e il destinatario del prodotto. Ciò, si comprende bene, non può prescindere da una analisi caso per caso in cui l’apporto dell’amministrazione nazionale è (o dovrebbe essere) di fondamentale indirizzo per l’operatore del settore.
Pure in tale occasione, la Corte di Giustizia dimostra elevato grado di sensibilità anche rispetto a questioni di natura squisitamente tecnica (non giuridica). Spesso la complessità della normativa regolamentare per gli operatori del settore rende quasi necessario un intervento interpretativo tradotto in sentenza, a volte a discapito di uno ma sempre a favore della categoria imprenditoriale dei settori alimentari, medicinali, di integratori ecc. e certamente sempre a favore ed a tutela della salute del cittadino.