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Novità in tema di pubblicità non autorizzata di dispositivi medici: sanzioni anche al “fornitore di contenuti” responsabile della televendita

21/06/2018

Corte di Cassazione, Sez. II, Civ., Ordinanza n. 10892/2018

Come noto, almeno tra gli addetti ai lavori, l'Azienda fabbricante o responsabile dell'immissione in commercio di un D.M. deve chiedere il rilascio dell'autorizzazione ad effettuare pubblicità sanitaria al Ministero della Salute presentando una domanda completa di tutte le informazioni inerenti la ditta stessa, il prodotto pubblicizzato, il tipo di pubblicità e il relativo mezzo di diffusione (cortometraggio televisivo e cinematografico, radio comunicato, stampa quotidiana e periodica, volantino, opuscolo, cartellonistica stradale, etc…). Altrettanto noto è che l’attività di pubblicità non autorizzata di D.M. comporta, per il fabbricante o responsabile dell'immissione in commercio del prodotto, l’applicazione della sanzione amministrativa da euro 2.582,28 ad euro 15.493,71 (ex art. 201, commi 3-5, del RD n. 1265/1934).

La novità, introdotta dall’Ordinanza di Cassazione n. 10892/2018, riguarda l’estensione di tale responsabilità: a rispondere non sarà più soltanto l’Azienda fabbricante del device, ma anche il titolare dello strumento di comunicazione di cui la prima si avvale (in rigorosa assenza di autorizzazione) per diffondere il messaggio pubblicitario al pubblico.

Il caso esaminato dai giudici di legittimità riguarda la pubblicità, mandata in onda da una emittente televisiva privata, di una pedana oscillante reclamizzata come “dispositivo in grado di produrre effetti positivi sulla riabilitazione fisioterapica, con benefici anche all’apparato scheletrico e respiratorio…” (e tante altre affermazioni rientranti nella definizione di DM offerta dal D. lgs, 46/1997), pur in assenza di preventiva autorizzazione ministeriale.

Il contenzioso, nato avanti al Giudice di Pace in sede di opposizione all’ordinanza di ingiunzione della sanzione amministrativa prevista nella c.d. “forma ridotta”, finiva poi per essere annullata dalla Cassazione, a seguito delle successive impugnazioni, ritenendo che “dell’illecito amministrativo relativo alla pubblicità di dispositivi medici in assenza della prescritta autorizzazione ministeriale, risponde non solo il produttore del dispositivo, ma anche il fornitore di contenuti”.

La Corte ha motivato richiamando due lontani precedenti (rispettivamente del 1993 e del 1996) che risalgono al tempo in cui la trasmissione di pubblicità di DM senza autorizzazione costituiva ancora reato. Sulla base di tali precedenti è stato affermato che la pubblicità non autorizzata è imputabile anche al direttore di un giornale o all’amministratore di un’emittente radiotelevisiva. Di conseguenza è stato ritenuto che, pur a seguito della depenalizzazione operata dal legislatore, dovesse includersi tra i responsabili dell’illecito il titolare dello strumento di comunicazione del quale ci si avvalga per la diffusione pubblicitaria al pubblico, oggi, “fornitore di contenuti” (secondo la definizione prevista dall’art. 2, comma 1, lett. d) del D. Lgs. 44/2010).

E’ molto probabile che il principio qui enunciato verrà applicato, d’ora in poi, alla generalità dei media, internet compreso e social network annessi.

Pertanto, attenzione a vigilare sui contenuti pubblicitari perché da oggi pagano produttore ed emittente.