Vuoi ricevere i nostri aggiornamenti?
Stabilimenti termali: rigorose le regole sulla pubblicità
Con la sentenza n. 3410/2025 il TAR Lazio segna i confini della pubblicità degli stabilimenti termali e annulla il provvedimento di archiviazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM).
In particolare, il ricorrente aveva, all’origine della vicenda, presentato una segnalazione all’AGCM lamentando la palese ingannevolezza della comunicazione svolta da una società titolare di numerosi centri benessere. L’ingannevolezza stava, secondo il ricorrente, nell’uso improprio dei termini “Terme” (e derivati) e “Spa” (salus per aquam) quando riferiti a strutture prive di acqua termale.
L’AGCM archiviava la segnalazione con provvedimento del 26 settembre 2023 ritenendo non vi fossero elementi significativi per procedere con l’avvio di una attività istruttoria.
Così la società ricorrente impugnava il suddetto provvedimento al TAR Lazio affinché fosse dichiarato illegittimo.
Il Tribunale Amministrativo adito svolge il suo percorso argomentativo, conclusosi con l’accoglimento del ricorso, partendo dalla ricostruzione normativa e dalla qualificazione giuridica degli stabilimenti termali.
Sono infatti stabilimenti termali le strutture, ai sensi della L. n. 323/2000 (“Riordino del settore termale”) le strutture in possesso di autorizzazione per l’esercizio dell’attività, rilasciata solo a seguito del rispetto di specifici requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi previsti dalla legge.
Tali sono le strutture in cui vengono erogate le attività di cura termale, cioè quelle che utilizzano, a scopo terapeutico, le acque minerali e termali, nonché fanghi, sia naturali sia artificialmente preparati, muffe e simili, vapori e nebulizzazioni, stufe naturali e artificiali, qualora le proprietà terapeutiche delle stesse acque siano state riconosciute dalla legge.
Rispetto alle suddette strutture, la richiamata legge è piuttosto cristallina nel definire la terminologia utilizzabile, anche ai fini pubblicitari. Infatti, precisa l’art. 2, comma 2, L. n. 323/2000 che i termini:
“terme”, "termale", "acqua termale", "fango termale", "idrotermale", "idrominerale", "thermae", "spa (salus per aquam)" possono essere utilizzati esclusivamente con riferimento alle fattispecie aventi riconosciuta efficacia terapeutica, vale a dire le cure termali erogate dagli stabilimenti termali in possesso di idonea autorizzazione.
Nel caso di specie, la contestazione mossa dal ricorrente davanti all’AGCM era proprio il fatto che i suddetti termini fossero utilizzati, vuoi nella denominazione della società, vuoi nel sito web e nelle comunicazioni pubblicitarie di strutture carenti della qualifica giuridica di stabilimenti termali (non avendone le caratteristiche né le autorizzazioni) ma solo di centri benessere.
Sotto tale aspetto, il TAR tiene a sottolineare come l’Autorità fosse incorsa in errore di valutazione per non aver considerato, non tanto le comunicazioni pubblicitarie specifiche (che avrebbero richiesto una più approfondita analisi), ma anche solo la denominazione delle strutture di riferimento, aventi tutte al loro interno il termine “terme” o simili.
Ciò avrebbe dovuto allertare l’Autorità nel valutare la pacifica e palese decettività del termine utilizzato ai fini della riconoscibilità delle strutture cui si riferiva.
Invero, il TAR conclude con l’accoglimento del ricorso e l’annullamento del provvedimento dell’AGCM in quanto certi impianti venivano classificati e presentati nella pubblicità come “centri termali”, con specifici riferimenti alle sorgenti termali da cui provengono le acque utilizzate nell' impianto, senza tuttavia la corrispondente autorizzazione. Allora appare evidente, precisa il TAR, come l'espediente di congiungere la parola "terme" alla denominazione del luogo sia volto esclusivamente ad aggirare le disposizioni normative di settore, consentendo comunque di ricollegare, nell' immagine che si intende richiamare, le terme alla struttura di volta in volta menzionata.
La sentenza in commento pone dunque l’attenzione su due aspetti, cui è necessario dedicare una breve riflessione.
Da un lato, pur essendo pacifico il fatto che l’AGCM non sia soggetta all’obbligatorietà dell’azione, è fondamentale che la stessa, nell’ambito del vaglio preliminare all’eventuale apertura del procedimento, consideri tutti gli aspetti della segnalazione pervenutale. Questo costituisce non solo buona regola di funzionamento dell’Autorità ma altresì garanzia per il cittadino/consumatore/imprenditore di veder considerata la propria percezione, seppur la stessa non sia ritenuta sufficiente all’apertura di un procedimento;
Dall’altro lato, l’orientamento del legislatore alla tutela del consumatore quale destinatario di servizi di cura, prevenzione e benessere, al quale va garantita una corretta pubblicità per consentirgli una corretta e quanto più oggettiva rappresentazione delle attività commerciali e sanitarie che lo circondano. L’obiettivo, infatti, che si tratti di una scelta consumeristica o meno (come ad esempio per la scelta del luogo di cura) è che sia preservato il diritto di ciascuno alla libertà di scelta.