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Ritardi pagamenti PP.AA: un problema che non sembra trovare soluzione. Forse con il Decreto Rilancio una boccata di ossigeno

22/05/2020
Corte Costituzionale, 24/04/2020, n. 78
CGUE (Grande sezione) 28/01/2020, causa C-122/18
Decreto legge 19/5/2020 n. 34 c.d “Decreto Rilancio”

In periodi di crisi la mancanza di liquidità è un problema con cui molte imprese devono fare i conti; problema che diventa quanto mai odioso quando, a renderlo ancor più grave, è il costante ritardo con cui le Pubbliche Amministrazioni pagano i loro fornitori.

Si tratta di una questione ormai annosa portata all’attenzione degli organi competenti in più occasioni e su cui svariati sono stati gli interventi del Legislatore nel tentativo di porvi rimedio, a partire dalla ricezione anticipata della Direttiva 2011/7 che ha portato, nel 2012, alla modifica del D.Lgs. 231/2002, ai sensi del quale

  • nelle transazioni commerciali i tempi di pagamento non possono superare i 30 giorni;
  • qualora il debitore sia una pubblica amministrazione le parti possono pattuire, a determinate condizioni, termini più lunghi ma solo in maniera espressa e comunque non superiori a 60 giorni;
  • gli interessi moratori decorrono senza che sia necessaria la messa in mora il giorno successivo alla scadenza dei termini per il pagamento.

Nonostante queste previsioni, che sulla carta appaiono assai incisive, l’Italia è stata recentemente dichiarata inadempiente agli obblighi comunitari dalla Corte di Giustizia (sentenza del 28/1/2020 causa C-122/18) in quanto non è in grado di assicurare che le sue pubbliche amministrazioni rispettino effettivamente i termini di pagamento previsti dalla legge e questo nonostante la situazione sia negli ultimi anni migliorata, essendosi in effetti abbassato il tempo medio di pagamento.

La Corte di giustizia ritiene infatti che l’art. 4, paragrafo 3 della Direttiva 2011/7 vada interpretato nel senso che gli Stati hanno un vero e proprio obbligo di garantire che, nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una Pubblica Amministrazione, questa non superi i termini di pagamento previsti nella medesima direttiva.

Non è pertanto sufficiente che siano garantiti gli interessi di mora, deve essere reso effettivo il rispetto dei termini di pagamento.

Nella direzione di rendere effettivo questo obbligo si muove la previsione dell’art. 1 comma 865 della Legge 30/12/2018 n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019/2021), ai sensi del quale per gli Enti del Servizio Sanitario Nazionale che non rispettano i tempi di pagamento previsti dalla legislazione vigente, ovvero il D.Lgs. 231/2002, le Regioni e le Province autonome provvedono ad integrare i contratti dei relativi direttori generali e dei direttori amministrativi inserendo uno specifico obiettivo volto al rispetto dei termini di pagamento ai fini del riconoscimento dell’indennità di risultato; la quota di indennità condizionata al raggiungimento di tale obiettivo non può essere inferiore al 30%.

La Corte costituzionale con la pronuncia del 24/4/2020 ha dichiarato la suddetta previsione legittima, rimarcando che il rispetto dei tempi di pagamento da parte dei soggetti pubblici ha, soprattutto in tempi di crisi, una notevole incidenza sul sistema economico e ribadendo che le riforme introdotte in precedenza nonché le risorse stanziate non sono state sufficienti a riportare a dimensioni fisiologiche il fenomeno dei ritardi nei pagamenti, richiamando la sentenza della Corte di giustizia.

Da ultimo, sulla scorta di queste sollecitazioni e certamente conscio del grave problema che i ritardi nei pagamenti provocano ai fornitori delle pubbliche amministrazioni il Governo con il Decreto Rilancio appena approvato ha adottato una misura che potrebbe rivelarsi incisiva quantomeno nell’immediato.

L’art. 115 ha infatti istituito un Fondo da 12.000 milioni per assicurare il pagamento dei crediti certi, liquidi ed esigibili al 31/12/2019; il fondo è suddiviso in due distinte sezioni

  • la prima con una dotazione di 8.000 milioni di Euro per l’anno 2020 è diretta ad assicurare la liquidità a Regioni, Province autonome ed enti locali
  • la seconda con una dotazione di 4.000 milioni di Euro per l’anno 2020 è diretta invece ad assicurare la liquidità agli Enti del servizio sanitario nazionale.

Al fine di assicurare l’immediata operatività del Fondo l’art. 115 prevede la stipula di una convenzione tra il MEF e Cassa depositi e prestiti Spa.

Ci auguriamo che questa previsione dia una boccata di ossigeno alle imprese fornitrici, per quanto certamente in ritardo.