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Riconoscimento titoli professionali conseguiti all’estero: non sono ammessi ripensamenti sulla scelta della prova compensativa

12/04/2022
Camilla Anderlini
TAR Lazio, Sez. III-quater, 08/02/2022 n. 1500


Il TAR Lazio, con la sentenza n. 1500/2022,
conferma la legittimità del provvedimento del Ministero della Salute con il quale veniva respinta la richiesta, da parte di un laureato presso l’Università di Città del Messico, di modifica della prova compensativa ai fini dell’ottenimento del riconoscimento del proprio titolo professionale abilitante conseguito all’estero.

La normativa italiana in materia di riconoscimento dei titoli esteri

L’ordinamento italiano consente al cittadino extracomunitario di esercitare la propria professione in Italia, previo riconoscimento del titolo di studi conseguito in un Paese extra UE.

La disciplina è contenuta nel D.P.R. n. 394/1999 che, all’art. 49, prevede che:

  • i cittadini stranieri – soggiornanti o non soggiornanti in Italia – che intendano iscriversi agli ordini o collegi istituiti presso le amministrazioni competenti, se in possesso di un titolo abilitante all’esercizio di una professione conseguito in un Paese non appartenente all’Unione europea, possono richiederne il riconoscimento ai fini dell’esercizio in Italia delle professioni corrispondenti (comma 1);
  • l’ingresso in Italia per lavoro sia autonomo che subordinato, nel campo delle professioni sanitarie, è in ogni caso condizionato al riconoscimento del titolo di studio presso il Ministero competente (comma 1-bis);
  • il Ministero può stabilire, con apposito decreto, che il riconoscimento sia subordinato ad una misura compensativa, consistente nel superamento di una prova attitudinale o di un tirocinio di adattamento, stabilendone le modalità (comma 3);
  • la previsione di cui al punto precedente si applica anche ai fini del riconoscimento di titoli, rilasciati da Paesi terzi, abilitanti all’esercizio di professioni regolate da specifiche direttive dell’Unione Europea (comma 4).

Sotto tale ultimo profilo la norma di riferimento è la Direttiva 2005/36/CE, recepita nell’ordinamento italiano con il D.Lgs. n. 206/2007, pur se espressamente destinata ai cittadini dell’UE che vogliano esercitare sul territorio italiano una professione regolamentata in base a qualifiche professionali conseguite in uno Stato dell’UE.

La disposizione di chiusura dell’art. 49 sopra richiamato, ossia il comma 4, infatti, pare giustificare l’applicabilità delle disposizioni del D.Lgs. n. 206/2007, in materia di misure compensative, anche a coloro che abbiano conseguito un titolo professionale abilitante in un Paese extra UE.

Il ricorso amministrativo e la decisione del TAR Lazio

Il TAR Lazio, adito da un laureato in chirurgia dentistica presso l’Università di Città del Messico, si è trovato di fronte ad una questione nuova e, se vogliamo, singolare. La decisione riguardava la possibilità che il ricorrente fosse legittimato a modificare la scelta inerente la misura compensativa volta all’ottenimento del riconoscimento del titolo abilitante all’esercizio della professione di odontoiatra.

Infatti, nel corso della procedura, il Ministero della Salute subordinava il riconoscimento al compimento o di un tirocinio di adattamento della durata di 9 mesi, o di una prova attitudinale. Quest’ultima scelta dal ricorrente e dallo stesso non superata.

Con seconda richiesta, il ricorrente modificava la propria scelta optando per il tirocinio di adattamento. Modifica impedita dal Ministero della Salute con il provvedimento poi impugnato.

Con la propria decisione, il TAR Lazio rigettava il ricorso alla luce dell’interpretazione letterale della disposizione contenuta nell’art. 23 del D.Lgs. n. 206/2007, il quale si limita a prevedere che le autorità possono “stabilire il numero di ripetizioni cui ha diritto il richiedente”, ma non anche la possibilità di cambiare l’opzione già scelta.

Nell’opinione del Giudice Amministrativo, ebbene, se il legislatore avesse voluto ammettere la possibilità di modificare la prova compensativa, lo avrebbe espressamente previsto.

Dunque, nell’attuale assetto normativo come interpretato dal TAR Lazio, la persona laureata presso un Paese Terzo, ai fini del riconoscimento del proprio titolo professionale, nell’ambito di misure compensative si trova davanti ad una scelta irrevocabile che non potrà essere cambiata in corso d’opera.

A tutela della possibilità del professionista estero di ottenere il riconoscimento del proprio titolo, ad ogni modo, il citato art. 23, commi 1 e 2, riconosce il diritto dello stesso di poter ripetere la prova prestabilita un diverso numero di volte, come deciso dall’autorità competente, nel rispetto delle prassi professionale di appartenenza e del generale principio di non discriminazione.