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Quel consenso “difettoso” sottoposto dalla segretaria. Stop della Cassazione alla sottoscrizione di moduli prestampati pre-intervento
Corte di Cassazione- Sez. III; Sent. n. 19220 del 20/08/2013
A quanti non è mai capitato di firmare un consenso informato sottoforma di modulo prestampato da una segretaria nella penombra di una sala d’aspetto (letteralmente dalla sentenza in commento)? Nei nosocomi la chiamano burocrazia. Esattamente così è accaduto ad un avvocato prima di finire sotto i ferri e proprio per questo ha proposto ricorso per cassazione dopo una sentenza di secondo grado che rigettava il gravame e compensava le spese. Esattamente così può succedere alla stragrande maggioranza delle strutture che nel nostro Paese si occupano di prestazioni sanitarie. Perché la finalità dell’informazione che il medico è tenuto a dare è quella di assicurare il diritto all’autodeterminazione del paziente, perché “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, per citare la Carta Costituzionale. Ma soprattutto perché l’assenso del malato deve essere pienamente consapevole e cioè basato su “informazioni dettagliate fornite dal medico” sulla portata dell’intervento, sui rischi e sulle possibili conseguenze negative.
Per questo solo motivo la Cassazione ha annullato (in parte) la sentenza con la quale la Corte d’Appello di Roma aveva rigettato la richiesta del paziente che, peggiorato nella vista dopo un intervento agli occhi, sosteneva di non essere stato reso edotto dei possibili esiti negativi dell’intervento.
E’ irrilevante la qualità del paziente, avvocato nel caso di specie, dunque presumibilmente più accorto d’altri nel firmare documenti, al fine di stabilire se vi sia stato o meno il consenso informato. Per avere un consenso cosciente non basta allegare informative sull’intervento, ci ricorda la Corte Suprema, dovendo l’informazione sostanziarsi “in spiegazioni dettagliate ed adeguate al livello culturale del paziente (…) con l’adozione di un linguaggio che tenga conto del suo particolare stato soggettivo” in funzione di un consenso “completo, effettivo e consapevole”.
Il si del malato alle terapie deve essere reale ed effettivo non può essere presunto ed è onere del medico provare di avere adempiuto a tale obbligazione. Pena? L’inadempimento di un autonomo obbligo della prestazione sanitaria, quello dell’informazione, ed il prolificarsi di costosi risarcimenti. E vediamo quanti di noi, nel futuro, scorgeranno le differenze.