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PUBBLICITA DEI SERVIZI PROFESSIONALI E TUTELA DELLA CONCORRENZA OVVERO LA COPERTA SEMPRE TROPPO CORTA?
CORTE DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI SENT. 13/11/2012 N. 19705
Stavolta la Cassazione si assesta di posizioni di chiusura rispetto alle liberalizzazioni del Decreto Bersani e della nuova disciplina delle professioni. Secondo i supremi giudici infatti è fondata la sentenza del Consiglio Nazionale Forense che ha ritenuto non conforme alla deontologia professionale l’inserzione pubblicitaria di avvocati incentrata sulla enfatizzazione dei prezzi molto bassi praticati nello studio professionale volta a suggestionare più che ad informare gli utenti del messaggio pubblicitario stesso. Il fatto Alcuni avvocati milanesi pubblicizzavano il proprio studio professionale mediante un box-inserzione nel quale venivano indicati i prezzi dei servizi offerti più che le caratteristiche dell’attività svolta. Detta pubblicità costava a tutti gli avvocati coinvolti la sanzione disciplinare di 2 mesi di sospensione irrogata dal Consiglio dell’Ordine di Monza e Brianza. I professionisti promuovevano ricorso avverso tale decisione al Consiglio Nazionale Forense, il quale confermava sostanzialmente il disvalore deontologico della pubblicazione in questione, proprio in quanto contenente slogan sull’attività dei professionisti con grafica tale da porre enfasi sul dato economico e contenente dati equivoci, suggestivi ed eccedenti il carattere informativo, per cui il messaggio integrava modalità di attrattiva della clientela con mezzi suggestivi ed incompatibili con la dignità ed il decoro professionale. Nonostante questo il CNF modificava la sanzione irrogata ai professionisti, sostituendo un semplice avvertimento alla ben più grave sospensione comminata originariamente dal Consiglio dell’Ordine provinciale. La Sentenza Avverso la decisione del CNF promuovevano ricorso per cassazione gli avvocati sostenendo, tra le altre cose, la nullità della decisione impugnata per violazione dell’art. 2 del D.L. 223/2006 (DL Bersani che ha liberalizzato la pubblicità dei professionisti) e dell’art. 38 del DDL n. 1578/1933(norma che impone agli avvocati il decoro professionale). Secondo i ricorrenti a seguito dell’entrata in vigore nel 2006 del DL Bersani sono state abrogate le norme che limitavano la pubblicità dei servizi professionali venendo altresì imposti veridicità e trasparenza quali unici criteri per distinguere la pubblicità lecita da quella scorretta.
La suprema Corte ha rigettato tale motivo di ricorso. Infatti, secondo la Corte, stante il principio generale del decoro professionale statuito dalla legge, è ragionevole che un Consiglio dell’Ordine sanzioni il professionista per aver effettuato “pubblicità con slogans evocativi e suggestivi, privi di contenuto informativo professionale e con evidente enfasi sul dato economico, con contenuti equivoci, suggestivi ed eccedenti il carattere informativo consentito, e quindi lesivi del decoro…”. Tale regola applicata in concreto dal CNF e dal COA di Monza sarebbe in sostanza coerente e ragionevole con il contesto normativo attualmente vigente, e dunque anche con il DL Bersani. La pronuncia pare tuttavia lasciare aperte ed irrisolte una serie di questioni. Con il DL Bersani si era tentato di aprire il mercato dei servizi professionali anche consentendo un più ampio accesso agli strumenti della pubblicità, conformemente alle indicazioni provenienti già da tempo dall’Unione Europea. Strumento che doveva offrire ai consumatori ed alle imprese una più ampia e variegata offerta di servizi professionali anche sotto il profilo dei costi dei servizi stessi, superando definitivamente il sistema bloccato delle tariffe minime. Tale nuovo approccio richiederebbe che i professionisti potessero giovarsi, per concorrere correttamente nel mercato dei servizi, di regole certe ed uguali su tutto il territorio nazionale. E’ chiaro che invece tale prospettiva venga del tutto vanificata laddove la possibilità stessa per i professionisti di servirsi degli strumenti che il DL Bersani ha riconosciuto per concorrere, la pubblicità nel caso di specie, venga come viene limita mediante l’applicazione del principio di decoro professionale che, come già rilevato dall’Antitrust, è a tal punto astratto da prestarsi ad una applicazione assolutamente discrezionale e diversificata. Il che, ovviamente, amplifica proprio quelle differenze territoriali nel mercato dei servizi che con il DL Bersani si volevano evitare e che in una prospettiva europea e sovranazionale, ormai propria del mercato dei servizi, sembrano francamente fuori tempo massimo.
CORTE DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI SENT. 13/11/2012 N. 19705