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PROFESSIONI SANITARIE: e possibile un'armonia nel groviglio tra prestazioni mediche e riabilitative?

08/04/2015

La terapia riabilitativa del medico è “prestazione impossibile”, ma per la prestazione fisioterapica il medico (specialista) è necessario.

  1. Corte di Cassazione, Sez. Lavoro,  sentenza n. 5080/2015 depositata il 13/03/2015
  2. Consiglio di Stato, Sez. Terza,  sentenza n. 752/2015

In un momento storico di rinnovo delle competenze professionali sanitarie, la giurisprudenza è recentemente intervenuta in materia con due sentenze, a loro modo complementari, scandendo una volta per tutte un sistema alimentato dal “groviglio armonioso”. Quello tra medici e fisioterapisti.

In ordine

a.…la laurea in medicina consente l’espletamento di attività ausiliarie ma non anche di attività, quale la terapia riabilitativa, che non hanno tale carattere ed il cui svolgimento postula uno specifico diploma…”, ergo, essere medico non è più sufficiente per svolgere quelle attività il cui svolgimento postula uno specifico diploma universitario, come nel caso del fisioterapista.

E’ una sentenza all’attacco, quella depositata il 13 marzo u.s., che sancisce una severa inversione di tendenza rispetto al precedente orientamento dettato dalla giurisprudenza di legittimità.

Lontano (dodici anni fa) il tempo in cui altra pronuncia, molto nota agli addetti ai lavori (n. 49116 del 2003 - Cass. Pen.), affermava che “il medico chirurgo è abilitato all’esercizio di qualsivoglia branca di detta professione”.

Oggi, il principio è il seguente: la laurea in medicina non consente l’esercizio di attività per la quale una disciplina emanata a livello nazionale ne abbia stabilito una specifica figura professionale, un iter formativo e un apposito diploma universitario.

Le concrete conseguenze? Un rinnovato sprono al recesso datoriale agevolato dalla possibilità di risolvere i contratti con i propri medici-dipendenti NON fisioterapisti per impossibilità parziale ex art. 1464 c.c., soprattutto nelle realtà ambulatoriali al soldo del SSN e perseguitate dalle ispezioni ASL. Se impiegare un professionista laureato in medicina, che magari ha dedicato l’intera carriera alla terapia riabilitativa, mette comunque a rischio di sospensione l’accreditamento della struttura, tanto vale lasciarlo a casa.

O forse no?

In effetti, il Consiglio di Stato a breve distanza ha aggiunto un importante tassello al progetto di convivenza tra le due professioni.

b.…l’autonomia del fisioterapista può svolgersi, in coerenza col sistema normativo nazionale, solo nel presupposto delle prescrizioni indicate dal fisiatra, quale coordinatore dell’equipe riabilitativa..”, ergo, è vero che il fisioterapista può erogare le prestazioni da solo nel proprio studio, ma pur in presenza di una prescrizione del medico specialista.

Le concrete conseguenze? Il possibile deferimento all’Autorità Giudiziaria per il reato di cui all’art. 348 c.p. –Esercizio abusivo della professione- in mancanza di prescrizione del fisiatra.

Sicuramente tanto i limiti quanto i requisiti previsti per le professioni sanitarie al fine di legittimarne l’esercizio a carco del SSN rispondono al sacrosanto interesse di ordine generale di tutelare la collettività contro il rischio di un non appropriato trattamento sanitario, ma nella prassi confondono il quadro giuridico e formativo ingenerando confusione soprattutto nell’utenza finale, i pazienti.

Tale confusione poi, soprattutto nel dibattutissimo contesto delle prestazioni riabilitative, si traduce in evitabile dispendio economico e compressione della libertà di scelta (il passaggio dal medico fisiatra consiste in un vero e proprio “filtro”). E da una riorganizzazione cominciata nel 1992, con il D.lgs. 502, si auspicava qualcosa di più.

In 23 anni si poteva fare di meglio.