Vuoi ricevere i nostri aggiornamenti?

Registrati per accedere ai contenuti riservati e iscriverti alla nostra newsletter

Privacy ed azione penale: pubblicato il protocollo d’intesa tra la Procura della Repubblica di Roma ed il Garante per la protezione dei dati personali

24/01/2019
Laura Asti
Alice Giannini

Cominciano a delinearsi le applicazioni pratiche delle norme relative alle violazioni della privacy, in particolare per quanto riguarda l’esercizio dell’azione penale da parte del Pubblico Ministero (qui il nostro approfondimento sulle sanzioni della nuova disciplina privacy). Il Garante per la protezione dei dati personali, infatti, ha diffuso online il protocollo d’intesa stipulato l’8 gennaio con la Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Roma. Questo protocollo, di validità biennale, affronta uno dei nodi più importanti della procedura relativa all’erogazione di sanzioni penali in caso di violazioni del “nuovo” Codice Privacy (ndr. d.lgs. 101/2018): la cooperazione tra Autorità Giudiziaria (nella persona del Pubblico Ministero) e Garante.

Cosa dice il Codice Privacy?

L’art. 167 co.4 impone al PM l’obbligo di informare “senza ritardo” il Garante nel momento in cui ha notizia della commissione di alcuni gravi reati in campo privacy, quali il trattamento illecito dei dati personali e la comunicazione/diffusione illecita o acquisizione fraudolenta di dati oggetto di trattamento su larga scala.

Nel processo penale, il PM viene a conoscenza della cosiddetta “notizia di reato”.

Cosa significa “conoscenza della notizia di reato”?

La conoscenza della notizia di reato da parte del Pubblico Ministero corrisponde, nel processo penale, al momento dell’iscrizione della notizia di reato (art. 330 c.p.p.). La notizia di reato può essere comunicata dalle forze dell’ordine oppure tramite denuncia/querela del cittadino.

Tramite quest’attività, il PM compie una verifica preliminare (e quindi non approfondita) sulla corretta qualificazione del reato e se la condotta illecita sia attribuibile (nel caso in cui non si tratti di reato commesso da ignoti) al soggetto indicato nella notizia.

Perché è importante il Protocollo? Cosa cambia per le vittime di un trattamento di dati illecito?

Sono due gli elementi principali di questo breve, ma significativo, protocollo d’intesa.

  • L’individuazione del momento in cui scatta l’obbligo informativo in capo al PM nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari (art. 415-bis c.p.p.).

Si tratta di un momento diverso da quello stabilito nel Codice Privacy. Questo infatti, come indicato sopra, fa riferimento al momento in cui il PM “ha notizia dei reati” che, nel procedimento penale, è da individuare nell’istituto dell’iscrizione della notizia di reato nell’apposito registro. Ciò comporta un discostamento non indifferente dalla lettera del Codice Privacy. Il Pubblico Ministero, infatti, avvisa le parti del procedimento della conclusione delle indagini solamente quando ritiene che vi siano abbastanza elementi per sostenere un’accusa in giudizio. L’avviso è l’alternativa alla richiesta di archiviazione del procedimento.

Cosa cambia: fissare il momento dell’obbligo di comunicazione al Garante al momento dell’avviso delle conclusioni delle indagini preliminari significa che, nel caso in cui il fatto non sia rilevante da un punto di vista penalistico, il Garante non verrà notiziato e non potrà intraprendere alcun tipo di azione amministrativa (basata su principi differenti da quelli alla base del procedimento penale).

Il risultato è che condotte illecite e suscettibili di sanzione amministrativa potrebbero non arrivare mai davanti al Garante, creando così un vero e proprio vuoto di tutela.

  • Il compito di informare il Garante viene affidato non al capo dell’ufficio giudiziario, ossia il Procuratore della Repubblica, ma al pubblico ministero assegnatario del procedimento.

Cosa cambia: vengono economizzati i tempi, la comunicazione viene fatta direttamente dal soggetto più “vicino” alla vicenda (il PM titolare delle indagini).

I motivi alla base di questa “scansione procedimentale” sono, sempre secondo il protocollo:

  • Il rispetto del principio dell’efficienza dell’azione amministrativa “che suggerisce di limitare la comunicazione in oggetto ai casi nei quali gli elementi acquisiti siano idonei a sostenere l’accusa in giudizio”;
  • La tutela del segreto investigativo anche ai fini di rendere effettiva e proficua l’azione di vigilanza amministrativa.

Si tratta di un’iniziativa senz’altro importante e rimane da vedere come le altre Procure del territorio decideranno di interpretare la norma e se si doteranno anche loro di un protocollo d’intesa come quello della Procura di Roma.