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Ottemperanza – ricorso avverso il provvedimento del commissario ad acta

12/05/2013

CONS.STATO, IV°, 19/2/2013 N. 2184 

Torniamo a parlare del ricorso per ottemperanza in relazione ad alcune problematiche e ad alcuni aspetti processuali interessanti; il giudizio di ottemperanza, ricordiamolo, permette di dare esecuzione ad una sentenza nel processo amministrativo, qualora la Pubblica Amministrazione non abbia adempiuto spontaneamente (sia che si tratti di somme da pagare, sia che si tratti, ad esempio, “obblighi di fare”). Il ricorso per ottemperanza, dunque, è uno strumento di stampo amministrativo (e non civilistico) che consente al soggetto agente, una volta ottenuta una sentenza a sé favorevole, di ricorrere al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) competente affinché fissi un termine (perentorio) entro cui la P.A. è obbligata a dare esecuzione alla sentenza che l'ha vista soccombere e, nel caso d'inutile decorso di detto termine, è allora possibile la nomina di un Commissario ad Acta in “sostituzione” dell'Amministrazione inadempiente. La vicenda in esame prende le mosse da un ricorso presentato da una società di costruzioni innanzi al TAR competente avverso il diniego di concessione edilizia di un comune. La successiva sentenza statuiva l'obbligo di rilascio di detta concessione da parte dell'ente locale che tuttavia rimaneva inerte. Seguiva allora il ricorso per l'ottemperanza della società di costruzioni con successiva nomina del Commissario ad acta la cui specifica funzione era quella, appunto, di rilasciare il permesso di costruzione. Tuttavia si opponeva a tale provvedimento commissariale la proprietaria dell'area finitima a quella oggetto del permesso a costruire, ovvero un soggetto terzo che era risultato estraneo sia alla prima controversia (società costruzioni/Comune) che al successivo giudizio di ottemperanza. L'opposizione, sebbene formalmente formulata avverso il provvedimento del commissario, al contrario nella sostanza era rivolta a contestare il diritto al rilascio del permesso di costruire iniziale. A questo punto è bene cristallizzare i seguenti principi: 1. la relazione che si instaura tra il Comune ed il Commissario ad acta è di natura intersoggettiva, in quanto il Commissario esercita poteri autonomi aventi gli stessi effetti verso i terzi di quelli dell'Ente sostituito; 2.il Commissario ad acta è ausiliare del Giudice che lo ha nominato; 3.vi è l'evidente tendenza della giurisprudenza amministrativa a salvaguardare gli ambiti di autonomia del Commissario ad acta; 4.gli atti adottati dal Commissario ad acta nominato per l'esecuzione di un giudicato sono impugnabili in via funzionale dinanzi al Giudice che ne ha disposto l'investitura; 5.anche il terzo, che abbia un qualche interesse in ragione del provvedimento del Commissario, può opporsi al TAR; 6.il terzo però, che ha la volontà di “contestare” le pregresse sentenze (e non unicamente l'operato del Commissario ad acta), ha l'onere di opporsi nel termine perentorio di 60 giorni dalla “materiale” scoperta della loro esistenza. Nel caso de quo, pertanto, risultava evidente come il terzo fosse venuto a conoscenza sin da subito della sentenza sfavorevole al Comune (ovvero, obbligo al rilascio del contestato permesso di costruire). La proprietaria finitima dunque avrebbe potuto contestare la suddetta sentenza del TAR sin dal principio; se dunque non lo aveva fatto, risultava per questo tardiva, né poteva sopperire alla inerzia contestando successivamente l'operato del Commissario. Il concetto estrapolabile dalla vicenda è dunque il seguente: un soggetto terzo, che è rimasto estraneo al primigenio giudizio amministrativo e che abbia interesse ad opporsi, si deve avvalere del rimedio dell'opposizione del terzo (art. 108 cod. proc. amm.vo) nel termine di 60 giorni (art. 92 cod. proc. amm.vo) dalla avvenuta conoscenza della sentenza, risultando diversamente tardivo e non potendo poi avanzare lamentele nei confronti dell'eventuale Commissario ad acta all'uopo nominato.