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Le nuove Linee Guida in materia di responsabilità professionale sanitaria: la parola alla Terza Sezione della Corte di Cassazione
Salutate come le nuove “sentenze di San Martino” – in quanto pubblicate in data dell’11 Novembre scorso, analogamente a quanto avvenne per le famose sentenze del 2008 – le dieci pronunce delle III Sezione Civile della Corte di Cassazione che vanno dalla n. 28985 alla n. 28994 rappresentano, in buona sostanza, il nuovo “libretto di istruzioni” in materia di responsabilità professionale sanitaria dove, come noto, si sono succeduti, nel corso del tempo, interventi normativi non sempre coesi e strutturati nonché interventi giurisprudenziali alluvionali e spesso contrastanti fra loro.
Ed ecco che le Sezioni Unite hanno messo ordine in questo settore e ciò attraverso dieci pronunce che intervengono, cristallizzandone le linee guida, in materia di consenso informato, danno biologico c.d. differenziale, azione di regresso della struttura sanitaria nei confronti del collaboratore, personalizzazione del danno, onere della prova, successione delle leggi nel tempo e loro applicabilità retroattiva, nesso di causa.
Di seguito si propongono, senza pretesa di esaustività, alcuni spunti di riflessione come emergenti dalle dieci pronunce in oggetto, nella consapevolezza che, come sempre avviene, la vera prova sarà quella della loro applicazione nella pratica quotidiana.
1. sentenza Cass. Civ., III, 11/11/2019, n. 28985 (Consenso informato)
La pronuncia in esame cristallizza il principio secondo il quale la omessa o insufficiente informazione in relazione a un intervento sanitario rappresenta sì una lesione del diritto alla autodeterminazione personale che, tuttavia, diviene risarcibile soltanto se il paziente alleghi che, a causa di ciò, ha subito una conseguenza effettivamente dannosa in termini di sofferenza soggettiva e contrazione della libertà di disporre di sé.
In altre parole, dunque, la mera circostanza della omessa/insufficiente informazione non rappresenta, di per sé, un danno risarcibile.
2. sentenza Cass. Civ., III, 11/11/2019, n. 28986 (Danno biologico c.d. “differenziale”)
Per danno c.d. “differenziale” si intende, come noto, il danno alla salute patito da un soggetto che sia portatore di una patologia pregressa che, in quanto tale, abbia già di per sé comportato una menomazione della sua integrità psico-fisica.
A tale proposito la Corte segnala che, nel liquidare il danno alla salute in situazioni consimili, non è possibile limitarsi alla valorizzazione economica dello stato menomativo attuale ma si deve, correttamente, procedere a sottrarre dalla valorizzazione economica dello stato menomativo complessivo quella dello stato preesistente di invalidità (in quanto eziologicamente slegato dall’evento illecito).
Esemplificando, dunque, se una persona, invalida al 60%, diviene, in conseguenza di un fatto illecito, invalida al 70%, non potrà procedersi a monetizzare il 10% di differenza come elemento a sé, ma si dovrà ottenerne il relativo valore mediante la sottrazione della monetizzazione del 60% a quella del 70%.
Con riferimento al regime antecedente all’entrata in vigore della L. n. 24/2017 – che, come noto, ha disciplinato l’azione di rivalsa della struttura nei confronti del professionista sanitario introducendone limiti formali e sostanziali – la Suprema Corte ha sottolineato come la possibilità della struttura di agire in regresso nei confronti del professionista resosi materialmente responsabile dell’inadempimento non possa non tenere conto dell’esistenza di un rischio di impresa, che è e deve rimanere a carico della struttura.
Da ciò consegue che, se la struttura non è in grado di dimostrare la colpa esclusiva del medico nella causazione del danno, dovrà darsi applicazione al principio presuntivo secondo il quale, del danno cagionato al paziente, struttura e professionista devono rispondere al 50%.
4. sentenza Cass. Civ., III, 11/11/2019, n. 28988 (Personalizzazione del danno)
Per personalizzazione del danno si intende, come noto, l’aumento del quantum riconosciuto a titolo di risarcimento del danno alla salute in ragione di eventuali particolari situazioni relative al caso concreto.
A tale proposito la Corte di Cassazione coglie l’occasione per ribadire che detto aumento risulta valorizzabile a favore del paziente soltanto in caso di comprovata eccezionalità delle conseguenze del danno, non potendosi, invece, riconoscere la stessa laddove le conseguenze di cui sopra risultino normali e indefettibili, dal momento che esse sono da intendersi già ricomprese nella percentuale di invalidità permanente riconosciuta (ossia nel danno biologico).
5. Cass. Civ., III, 11/11/2019, sentenze n. 28989, n. 28991 e n. 28992 (Onere della prova e nesso di causa)
Con le tre pronunce in esame la Suprema Corte ha ribadito il principio distributivo dell’onere della prova tra azienda sanitaria e paziente, basato sul regime della responsabilità contrattuale.
In tal senso, infatti, se al paziente spetta l’onere di dimostrare il nesso di causalità tra il danno lamentato e il rapporto di cura, rimane a carico della struttura l’onere di dimostrare che il danno non sussiste oppure che lo stesso è derivato da causa imprevedibile e inevitabile.
A tale proposito, inoltre, intervenendo sul tema della c.d. “causa ignota”, si sottolinea come, laddove a rimanere ignota sia la causa dell’evento di danno, le conseguenze sfavorevoli ai fini del giudizio dovranno ricadere sul paziente (creditore della prestazione professionale) mentre laddove a rimanere ignote siano le cause della impossibilità sopravvenuta della prestazione oppure la imprevedibilità/inevitabilità di tale causa, le conseguenze sfavorevoli dovranno ricadere sulla struttura (debitrice della prestazione professionale);
6) Cass. Civ., III, 11/11/2019, sentenze n. 28990 e n. 28994 (Applicazione retroattiva delle norme contenute nella L. Balduzzi e nella L. Gelli)
Le due pronunce di cui sopra intervengono sul delicato tema della applicazione retroattiva delle norme contenute nella Legge Balduzzi prima e, poi, nella Legge Gelli.
Per quanto riguarda le norme che hanno previsto l’applicabilità, a fini liquidativi del danno biologico, delle tabelle contenute negli artt. 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni, la III Sezione della Corte di Cassazione definitivamente afferma che le stesse si applicano retroattivamente a tutti i sinistri sanitari a oggi non ancora definiti.
Discorso diverso vale, invece, per quanto riguarda le norme sostanziali in tema di riparto di responsabilità fra struttura e professionista – e, più in generale, per tutte le norme sostanziali contenute nei due provvedimenti normativi di cui sopra – le quali non possono essere oggetto di applicazione ai fatti avvenuti in epoca antecedente la loro entrata in vigore.