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Il mutuo fondiario e gli effetti della nullità del contratto in caso di violazione della soglia massima finanziabile
Corte d'Appello di Venezia, sentenza n. 2660/2019
Cass. Civ, sez. I, sentenza n. 17352/2017
Mutuo fondiario o mutuo ipotecario? Alla luce delle recenti posizioni della giurisprudenza è di fondamentale importanza verificare se i contratti di mutuo stipulati con la propria banca indichino la natura fondiaria del finanziamento. Questo perché la recente sentenza della Corte di Appello di Venezia ha confermato la nullità del contratto di mutuo fondiario erogato per un importo superiore alla soglia massima finanziabile dell’80%.
Il contratto di mutuo fondiario è un finanziamento disciplinato dagli artt. 38 – 39 del Testo Unico Bancario (TUB) e contraddistinto:
- da una durata medio o lunga (che, sulla base del D.P.R. 29.9.1973, n. 601, è generalmente individuata in un periodo superiore ai 18 mesi);
- dalla concessione da parte del mutuatario di una ipoteca;
- da una soglia massima finanziabile.
Al contrario, l’ulteriore requisito dell’acquisto, costruzione e della ristrutturazione dell’abitazione principale (prima casa) non costituisce un elemento essenziale per “qualificare” il mutuo fondiario, poiché nessuna delle norme da cui è regolato impone una specifica destinazione del finanziamento concesso, né vincola il mutuatario al conseguimento di una determinata finalità (ex multis: Cfr. Cass. n. 317/2001; Cass. n. 9511/2007 e Cass. n. 4792/2012). Di conseguenza, l’acquisto, la costruzione e/o ristrutturazione della prima casa, sebbene risulti spesso tra le condizioni richieste dalla banca per aderire a tale forma di finanziamento, non rappresenta un elemento essenziale del mutuo fondiario.
Peraltro, posto che i requisiti della “medio/lungo durata” e della “concessione dell’ipoteca” ricorrono ugualmente nelle categorie del “mutuo ipotecario” e del “mutuo fondiario” potremmo affermare che il carattere fondiario si distingua soltanto per la ricorrenza del requisito della “soglia massima finanziabile”, determinata nella misura del 80% dalla Delibera del 22 aprile 1995 emessa dal CICR (Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio), in attuazione dell’art. 38, comma 2, TUB.
Fermo quanto sopra, è opportuno precisare come nella quasi totalità delle volte il “mutuo fondiario” sia caratterizzato, a differenza dal “mutuo ipotecario”, dalla concessione di una ipoteca di primo grado che, come noto, presuppone l’assenza di precedenti ipoteche concesse sull’immobile. Ma tale peculiarità non è il precipitato di una norma giuridica ma è la conseguenza del fatto che, nei casi di ipoteca di secondo grado, risulti gravoso per il cliente soddisfare il limite di finanziabilità del 80% (l’immobile, a tal fine, dovrebbe vantare un valore molto elevato e, più in particolare, “capiente”). Per far fronte a tale evenienza, la suddetta Delibera stabilisce all’art. 2 che “In presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie su un immobile, ai fini della determinazione dell’ammontare massimo di un finanziamento di credito fondiario, al relativo importo va aggiunto il capitale residuo del finanziamento pregresso”.
Tanto precisato in ordine alla natura del mutuo fondiario, in giurisprudenza si è discusso a lungo della sorte dei “mutui fondiari” concessi dalla banca per un importo superiore alla soglia massima finanziabile.
Nella prassi, il problema si è riproposto in ragione del fatto che i vantaggi insiti nella stipula di un “mutuo fondiario” inducono, sia la banca (per l’alleggerimento degli oneri di iscrizione ipotecaria, le agevolazioni per la riscossione esecutiva del credito, l’inefficacia dell’azione revocatoria fallimentare ecc.), che il cliente (per la riduzione del tasso d’interesse, delle spese notarili, delle agevolazioni fiscali ecc.) a preferire la forma “fondiaria” di finanziamento.
Ma, arrivati a questo punto, può considerarsi valido il mutuo fondiario e, di conseguenza, la relativa ipoteca, se la banca eroga, in violazione della Delibera CICR del 22 aprile 1995, un finanziamento superiore al 80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi?
A partire dal 2013 la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 26672/13; n. 27380/13; Cass. n. 22446/15; Cass. n. 4471/16; Cass. 13164/16) ha dichiarato che la violazione della soglia massima finanziabile del 80% non incide sulla validità del contratto di “mutuo fondiario”. Secondo tale pronuncia, in altri termini, si trattava di una disposizione non essenziale e che permetteva alla banca, nonostante la palese violazione, di proseguire il rapporto di mutuo.
La giurisprudenza suindicata è stata recentemente superata dall’interpretazione inaugurata con Cass. n. 17352/17, che ha trovato conferma in diverse successive pronunce (Cass. n. 6586; Cass. Ord. n. 19016/17; Cass. n. 13286/2018; Cass. n. 22459/2018; Cass. n. 22466/2018). Con la pronuncia del 2017, in particolare, la Corte ha rilevato come, diversamente da quanto ritenuto nel precedente orientamento, la violazione del limite di finanziabilità consegua sempre la nullità del "contratto fondiario" poiché la soglia massima finanziabile:
- è una norma che presiede interessi pubblici e di sistema;
- risponde all’esigenza di circoscrivere il rischio insito in operazioni che non presentano ex ante sufficienti prospettive di effettiva fattibilità e buon esito (in sostanza, evitare sin dall’inizio operazioni finanziarie con probabile esito di inadempimento da parte del cliente);
- si fonda sulla ratio di non esporre il mutuatario ai rischi espoliativi ovvero di pura sorte (consistenti nella possibilità della banca di “accelerare” l’azione esecutiva sull’immobile)
A ciò aggiungasi la “chiosa” della Corte secondo cui la violazione della soglia massima finanziabile, ove non sanzionata con la nullità, determinerebbe un irreparabile pregiudizio per i creditori concorrenti, stanti i vantaggi che il “mutuo fondiario” riserva alla banca tanto in sede esecutiva quanto in sede concorsuale.
Gli effetti prodotti dal revirement giurisprudenziale sono i seguenti:
- il mutuatario dovrà limitarsi a restituire alla banca l’importo capitale del mutuo (peraltro, a titolo di “arricchimento senza giusta causa” e, quindi, se del caso, in seguito all’esperimento di un ulteriore azione civile da parte della banca);
- la banca avrà l’obbligo di restituire al mutuatario tutte le somme (interessi, spese e competenze ecc.) percepite in esecuzione del rapporto di mutuo;
- l’ipoteca concessa dal mutuatario dovrà considerarsi come mai apposta, con la conseguenza di liberare definitivamente l’immobile da qualsiasi gravame;
- gli eventuali processi esecutivi azionati dalla banca per il recupero coattivo del credito (pignoramento mobiliare, presso terzi e/o immobiliare) verranno dichiarati estinti per sopravvenuta insussistenza del titolo esecutivo.
Si segnale, peraltro, che l’orientamento giurisprudenziale è stato recentemente recepito dalla Corte di Appello di Venezia con sentenza n. 2660/2019, Dott.ssa Balletti, che, confermando quanto statuito dal Tribunale, ha dichiarato la nullità del contratto di “mutuo fondiario” per superamento della soglia massima finanziabile.
Infine, allo scopo di offrire una panoramica completa delle problematiche relative al “mutuo fondiario”, rileva precisare come la banca potrebbe difendersi da tali effetti chiedendo, ai sensi dell’art. 1424 c.c., al Giudice la conversione del contratto di mutuo da “fondiario” a “ipotecario”. A parere dello scrivente, tuttavia, il rimedio della conversione del contratto di mutuo previsto dall’art. 1424 c.c. appare una soluzione difficilmente percorribile, dal momento che presuppone a carico della banca la probatio diabolica riguardo alla esistenza di eventi e/o circostanze che dimostrino la volontà di ambedue le parti di stipulare un contratto di “mutuo ipotecario”, anziché “fondiario”.