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Mascherine sprovviste di marchio CE o con marchio CE contraffatto: quali i rischi penali?

06/02/2021
Laura Asti
Alice Giannini

Cass. Penale, III, 22/09/2020, n. 29578

La Cassazione si è recentemente pronunciata su 
un tema di grande attualità: il commercio di mascherine prive di marchio CENon tutte le vendite di mascherine sprovviste di marchio CE costituiscono reato, secondo l'ultimissima interpretazione della Corte.

Analizziamo la vicenda. 

Il Tribunale del riesame di Genova il 3 giugno di 2020 confermava il provvedimento di sequestro probatorio e preventivo convalidato dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Genova avente ad oggetto circa 26.000 mascherine “utilizzabili per il contenimento della diffusione del coronavirus” vendute senza il marchio CE presso una ferramenta 

L’oggetto dell’imputazione provvisoria: violazione dell’art. 515 c.p., ossia la condotta dell’imprenditore che consegna all’acquirente “una cosa mobile per origine, provenienza, qualità o quantità diversa da quella dichiarata o pattuita”.  

Le mascherine – che nell’ordinanza del tribunale genovese erano state erroneamente definite, come vedremo tra poco, “chirurgiche” – erano prive della certificazione recante il marchio CE e per questo motivo si sarebbe configurato il reato di frode nell’esercizio in commercio.  

In sede di impugnazione, tuttavia, la Cassazione arriva a conclusioni opposte.  

Gli Ermellini, infatti, rilevano un grave difetto nel ragionamento dell’ordinanza del Tribunale di Genova: non tutti i tipi di mascherine “da apporre di fronte al viso al fine di evitare la emissione di particelle di saliva nell'atto del respirare e del parlare o comunque di schermare gli organi periferici della respirazione” costituiscono presidi medici.  

Dunque, nel caso di vendita di mascherine prive della certificazione CE,  l’applicazione del reato di frode nell’esercizio in commercio non può essere automatica. 

L’unica condizione che rende applicabile l’art. 515 c.p. è  che le mascherine vengano vendute quali presidi medici ai fini della prevenzione del contagio da Covid-19. 

È solo in questo caso, infatti, che sorge l’obbligo di certificazione CE e che, di conseguenza, la vendita senza la certificazione comporta il reato di truffa in commercio. 

Nel caso oggetto della sentenza della Corte, ha rilevato il fatto che le mascherine fossero vendute presso una ferramenta e non presso una farmacia o un negozio di prodotti sanitari.  

Si trattava quindi solamente di “mascherine di collettività” e non di “mascherine chirurgiche” o comunque mascherine qualificabili quali dispositivi medici. 

Quali sono quindi gli elementi rilevanti per l’imprenditore che vuole evitare di incorrere in sanzione penale per la vendita di mascherine prive del marchio CE? 

Sicuramente occorre valutare se le mascherine in commercio sono messa in vendita esplicitamente quali presidi medici, o meno.  

Altro fattore rilevante è la qualifica del soggetto che le pone in commercio: secondo l’interpretazione fornita dalla Corte di Cassazione, infatti, non potranno andare esenti da responsabilità penale farmacie e negozi di presidi medici.  

Ed è proprio ai sensi dell’art. 515 c.p. che la Procura di Milano ha disposto il sequestro di alcune mascherine e dei filtri del famoso brand U-MaskSecondo la tesi accusatoria, che si fonda su un’indagine iniziata in seguito dall’esposto di un competitor, l’effettiva capacità di filtraggio delle U-Mask sarebbe difforme da quella dichiarata dall’azienda produttrice.  

Diverso invece il discorso per i marchi CE contraffatti.  

La condotta dell’imprenditore che mette in vendita (o comunque in circolazione) un bene con un marchio CE contraffatto, è idonea a trarre in inganno il compratore sulla qualità della merce ed integra perciò il reato di cui all’art. 517 c.p.  

Il marchio CE è infatti posto a tutela di determinati standard europei di qualità e sicurezza dei prodotti e l’apposizione di un marchio CE falsificato può ingannare il compratore non soltanto sul fatto che il prodotto risponda alla disciplina comunitaria, ma anche che lo stesso prodotto abbia superato controllo di affidabilità previsti in Europa. 

Secondo un recente orientamento della Corte di Cassazione (Cass. Penale, Sez. III, 14/01/2019, n. 1513), inoltre, la formula “mette altrimenti in circolazione” contenuta all’interno dell’art. 517 c.p. è riferibile anche alla mera presentazione alla dogana di prodotti industriali che recano segni atti ad indurre in inganno il compratore sulla loro origine (come, appunto, un marchio CE falso).  

Ed è sulla base di quanto appena detto infatti, che la Guardia di Finanza con l’operazione c.d. “Mask-Cov, insieme agli Uffici delle Dogane, sta ponendo in essere numerosissimi sequestri di mascherine provenienti dall’estero destinate all’importazione in ItaliaSi pensi ad esempio al maxi-sequestro di 1.267.000 mascherine chirurgiche effettuato dalla Guardia di Finanza di Roseto o al sequestro di 36.000 mascherine filtranti FFP2 effettuato all’aeroporto di Bologna.   

Le possibili conseguenze penali nelle quali può incorrere l’amministratore della società italiana importatrice di mascherine con un marchio CE contraffatto sono tutt’altro che leggere: l’articolo 517 c.p. è punito infatti con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a 20.000. 

In ultima battutasi rileva come sia il reato di frode in commercio (art. 515 c.p.) e la vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 c.p.) rientrano nel novero dei reati presupposto previsti per la responsabilità amministrativa degli enti ex d.lgs. 213/2001.  

Dovrà quindi procedere con cautela l’imprenditore che intende ad approcciarsi a questa – redditizia, ma insidiosa – attività commerciale.