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Legittimo l’inserimento del criterio della territorialità purché non costituisca requisito di partecipazione

05/05/2025
Elisa Colona
Delibera Anac nr. 130 del 2 aprile 2025

L’Autorità Nazionale veniva chiamata ad esprimersi, su istanza di un operatore economico sulla legittimità o meno dell’inserimento, all’interno di una legge di gara delle c.d. clausole di “territorialità” tra criteri di valutazione dell’offerta, a suo avviso idonee a limitare la concorrenza e in contrasto con la previsione dell’art. 108 comma 7 del Codice Appalti.

L’Autorità, al fine di rendere il proprio parere, ha sostanzialmente effettuato una verifica di conformità/compatibilità della previsione della lex specialis in questione alla normativa di riferimento.

Come evidenziato dalla medesima, il disposto normativo ammette, in realtà, la possibilità che nelle procedure pubbliche di affidamento siano previsti criteri premiali atti a favorire la partecipazione di piccole e medie imprese e a promuovere, per le prestazioni dipendenti dal principio di prossimità per la loro efficiente gestione, l’affidamento ad operatori economici con sede operativa nell’ambito territoriale di riferimento.

La lex specialis in esame disponeva che fossero attribuiti fino ad un massimo di 5 punti sulla base del criterio di prossimità territoriale all’ambito di svolgimento dell’attività in affidamento, al fine di favorire e premiare realtà locali.

Premesso ciò, l’Autorità ha precisato che, benché in generale il principio di massima concorrenzialità prevale sul principio di prossimità ambientale, qualora in alcune procedure si riveli necessario e funzionale integrare i due principi, allora, per non incorrere in violazioni di legge, la clausola territoriale non può che costituire criterio da valorizzare ai fini dell’attribuzione di punteggio premiale, ma non quale requisito di partecipazione.

E in questo solco si muoveva la Stazione Appaltante nel caso attenzionato, la quale valorizzava il criterio mediante l’attribuzione di soli 5 punti su un totale di 85 e giustificava la scelta, nell’ambito delle precisazioni rese, con lo scopo di “massimizzazione dell’attività di pianificazione e ottimizzazione dei tempi organizzativi ed operativi”. Esigenze in nessun modo smentite dalla società che ne contestava la legittimità e considerate ragionevoli dall’Autorità che, pertanto, valutava l’operato della S.A immune da vizi.

Concludendo, l’Anac ha cristallizzato il principio di massima secondo cui le clausole premiali di territorialità sono certamente legittime e conformi alla legge se previste quali criteri di valutazione dell’offerta e non di partecipazione e che la relativa scelta, rientrando nella sfera di discrezionalità della S.A è sindacabile solo in caso di palese illogicità, incongruità o irrazionalità dei criteri adottati.

Un ritratto dell’istituto, quello fornita dall’Autorità, sicuramente in grado di contemperare diversi interessi, tutti parimenti funzionali al più razionale ed imparziale utilizzo delle procedure pubbliche.