Nel quadro giuridico europeo e nazionale sono sempre più numerose le norme che contengono criteri ESG e che richiamo le imprese ad un impegno concreto in termini di responsabilità sociale e di sostenibilità dell’impresa stessa e della sua catena di valore.
L’Italia sta registrando una crescita significativa rispetto alle politiche ESG, in gran parte dovuta all’influenza dell’UE; lo stesso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è strutturato attorno a tre assi strategici: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale, con un chiaro focus ESG.
L’attenzione all’ambiente è un obiettivo trasversale del PNRR, tanto che tutti gli interventi previsti devono rispondere al criterio DNSH: Do No Significant Harm, cioè «Non fare danni significativi (all’ambiente)». In generale tutte le riforme e gli investimenti previsti dal PNRR mirano a promuovere uno sviluppo sostenibile con impatti positivi a lungo termine per la comunità e l’ambiente attraverso specifici criteri di allocazione delle risorse orientati ai criteri ESG.
Le decisioni delle singole imprese in materia di produzione e consumo possono, tuttavia, avere effetti negativi in termini di sostenibilità; al contrario, gli obiettivi di sostenibilità possono in alcuni casi essere perseguiti in modo più proficui tramite gli accordi di sostenibilità.
Accordi di sostenibilità
Nelle Linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale (2022/C 164/01), la Commissione afferma che “Gli obiettivi di sostenibilità possono essere perseguiti mediante diversi tipi di accordi di cooperazione”.
Gli accordi che non riguardano l’attività economica dei concorrenti, ma il loro comportamento interno, non rientreranno generalmente nel campo di applicazione dell’articolo 101 del Trattato. Imprese concorrenti possono cercare di accrescere la reputazione generale del loro settore come un settore ecologicamente responsabile e a tal fine concordano, ad esempio,
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misure destinate a eliminare i prodotti di plastica monouso nei loro locali commerciali, a non superare una determinata temperatura ambiente negli edifici o a limitare il numero di stampe effettuate quotidianamente;
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la creazione di una banca dati contenente informazioni sui fornitori che dispongono di catene del valore sostenibili, utilizzano processi di produzione sostenibili e forniscono fattori produttivi sostenibili, oppure concernenti distributori che vendono prodotti in modo sostenibile, senza imporre alle parti di acquistare da tali fornitori o di vendere a tali distributori,
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oppure l’organizzazione di campagne di sensibilizzazione a livello di settore o campagne di sensibilizzazione dei clienti in merito all’impronta ambientale dei loro consumi, senza che tali campagne costituiscano una pubblicità comune di determinati prodotti.
Gli accordi di normazione in materia di sostenibilità hanno spesso effetti positivi sulla concorrenza. Contribuiscono a uno sviluppo sostenibile e possono pertanto consentire lo sviluppo di prodotti o mercati nuovi, aumentare la qualità dei prodotti o migliorare le condizioni di offerta o di distribuzione, consentono ai consumatori di prendere decisioni informate di acquisto e svolgono pertanto un ruolo nello sviluppo dei mercati dei prodotti sostenibili. Infine, le norme di sostenibilità possono garantire parità di condizioni tra i produttori soggetti a requisiti normativi diversi.
Ovviamente, in talune circostanze, le norme di sostenibilità possono anche limitare la concorrenza. Ciò si verifica principalmente in tre modi: attraverso il coordinamento dei prezzi, la preclusione di norme alternative e l’esclusione o la discriminazione di determinati concorrenti.
In tal caso le parti dell’accordo dovranno dimostrare ai sensi dell’art. 101, paragrafo 3, che l’accordo comporti benefici in termini di
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incrementi di efficienza ovvero contribuisca a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o contribuisca a promuovere il progresso tecnico o economico. In sostanza, l’accordo deve contribuire ad incrementi di efficienza oggettivi, comprendenti non soltanto la riduzione dei costi di produzione e di distribuzione, ma anche l’aumento della varietà e della qualità dei prodotti, miglioramenti dei processi di produzione o di distribuzione e aumenti dell’innovazione. Ad esempio, gli accordi di sostenibilità possono produrre efficienze, quali l’uso di tecnologie di produzione o distribuzione più pulite, un minore inquinamento, migliori condizioni di produzione e distribuzione, infrastrutture o catene di approvvigionamento più resilienti, prodotti di migliore qualità, ridurre i tempi necessari per immettere sul mercato prodotti sostenibili e contribuire a migliorare la scelta dei consumatori facilitando il confronto dei prodotti;
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carattere indispensabile delle restrizioni, cioè l’accordo restrittivo non deve imporre restrizioni che non siano indispensabili per realizzare i vantaggi portati dall’accordo. In linea di principio, ciascuna impresa dovrebbe decidere autonomamente come perseguire benefici in termini di sostenibilità ma in alcuni casi tali benefici possono essere conseguiti in modo più efficiente sotto il profilo dei costi se le imprese cooperano;
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trasferimento ai consumatori ovvero ai consumatori è riservata una congrua parte dei benefici asseriti. Di conseguenza i benefici in termini di sostenibilità derivanti dagli accordi devono essere collegati ai consumatori dei prodotti oggetto di tali accordi.
L’impegno in termini di sostenibilità delle imprese porterà vantaggi nel lungo periodo ma nell’immediato comporta anche un impegno importante in termini di risorse, non solo finanziarie; gli accordi di sostenibilità soprattutto tra imprese medio piccole può rappresentare una soluzione per diminuire tali costi e, al contempo, ottenere un impatto importante in termini di sostenibilità di un determinato settore.