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L'ART.18 DELLO STATUTO DEI LAVORATORI SOTTO LA LENTE D'INGRANDIMENTO

20/04/2012

Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad una notevole accelerazione, da parte del Governo Monti, sulla cd. riforma del mercato del lavoro, che in realta e balzata agli onori della cronaca per una sola problematica, ovvero il nodo (irrisolto) dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Ad oggi infatti, nelle aziende con piu di 15 dipendenti, nell'ipotesi d'illegittimita/inefficacia e nullita di un licenziamento comminato dal datore di lavoro, il lavoratore ingiustamente allontanato ha diritto alla reintegrazione del proprio posto oltre al pagamento di tutte le mensilita maturate dal giorno in cui il licenziamento e stato irrogato fino alla sua effettiva reintegrazione. Una sanzione piuttosto "forte" quindi, atteso come i giudizi lavoristici abbiano, in Italia, una durata media di circa 3 anni. Cio pertanto significa che un'azienda, anche per posizioni lavorative di basso livello contrattuale, ben potrebbe essere chiamata a corrispondere somme molto elevate (3 anni di retribuzione) a favore del lavoratore che dovesse risultare vittorioso in una causa per licenziamento illegittimo, oltre all'obbligo della sua riassunzione (oppure il versamento di una somma a titolo risarcitorio). Da qui la novita introdotta dalla cd. "Riforma Fornero" di suddividere le giustificazioni poste a fondamento del licenziamento, attribuendo, a seconda della causa accertata, una tutela differenziata. Ci spieghiamo meglio: l'intento del Legislatore sembra quello di voler accordare per i soli licenziamenti illegittimi e discriminatori la tutela al reintegro, riservando poi al Giudice la scelta tra detto reintegro oppure del riconoscimento di un'indennita a titolo risarcitorio nelle ipotesi di giusta causa di licenziamento (ad es. furto in azienda) o per giustificato motivo oggettivo (grave crisi o riorganizzazione aziendale). Confindustria tuttavia, in rappresentanza di una crescente mobilitazione delle imprese, ha dichiarato che lasciare al Giudice la facolta della reintegrazione in luogo della semplice indennita (fino a 27 mensilita), impedisce all'azienda sia di potersi liberare di manodopera non piu necessaria (ed anche "non gradita"), cui va aggiunta l'impossibilita di stabilire a priori il "costo" di un licenziamento. Queste due ragioni, secondo l'organizzazione che tutela i datori di lavoro, impedirebbe futuri investimenti stranieri in Italia e continuerebbe a bloccare nuove assunzioni. Ora la "palla" passa dunque nuovamente al governo, che ha l'obbligo di scegliere se ascoltare i sindacati, inamovibili sul reintegro, oppure le richieste che gli provengono dalle aziende; in ogni caso il nodo dell'art 18 e giunto oramai "al pettine".