Vuoi ricevere i nostri aggiornamenti?

Registrati per accedere ai contenuti riservati e iscriverti alla nostra newsletter

L’istituto del “cumulo alla rinfusa” e quel contrasto risolto, finalmente, dal nuovo codice degli appalti

16/11/2023
Cons.Stato, sez.III, 21/09/2023, nr. 8767

Arriva dal nuovo codice degli appalti una decisiva (e definitiva) soluzione alla disputa giurisprudenziale sulla applicabilità o meno del cd. “cumulo alla rinfusa” nell’ambito dei consorzi stabili e della loro partecipazione alle gare pubbliche. Sarà a questo punto consentita l’esecuzione dell’appalto anche ad imprese minori che ben potranno “sfruttare” i requisiti posseduti da altre consorziate?

La Sentenza in Commento ha senza dubbio il pregio di mettere in fila in maniera chiara ed analitica gli argomenti alla base delle due principali tesi che vedevano contrapposta, appunto, la possibilità o meno di cumulare i requisiti richiesti dal bando da parte degli operatori economici prescelti ai fini dell’esecuzione contrattuale.

Lo scenario analizzato riguarda, nello specifico, una gara per l’affidamento di lavori da eseguirsi presso un presidio ospedaliero. Giunta l’aggiudicazione del primo classificato (un consorzio), la seconda classificata ne chiedeva immediatamente l’esclusione, in quanto l’impresa esecutrice nominata avrebbe difettato delle attestazioni SOA, e né avrebbe potuto, nella tesi esposta, giovarsi dei requisiti di qualificazione maturati da altre imprese consorziate (inapplicabilità del cd. “cumulo alla rinfusa”).

La Stazione Appaltante aderisce in toto alle lamentele della seconda classificata, disponendo l’esclusione della aggiudicataria; ed anche il T.A.R. di primo grado, chiamato inizialmente a dirimere la controversia, conferma senza mezzi termini l’esclusione del Consorzio.

A questo punto è costretto ad intervenire il Consiglio di Stato il quale dapprima analizza le tesi dei contendenti. Ve n’è una più restrittiva, consolidata nel tempo da più pronunce giurisprudenziali, che prende le mosse dall’articolo 47 del “vecchio” codice (D.Lgs 50/2016) il quale, letteralmente, consentirebbe un cumulo dei requisiti tra consorziati limitatamente, perso, a determinati requisiti, vale a dire attrezzature, mezzi, e organico medio annuo. Per gli altri requisiti richiesti (incluse le attestazioni SOA) sarebbe onere delle imprese consorziate dar prova singolarmente del possesso degli stessi.

La tesi inversa, invece, vorrebbe maggiormente valorizzata l’intenzione del legislatore di sponsorizzare l’istituto del “cumulo alla rinfusa” quale strumento pro-concorrenziale. Tale natura, infatti, sarebbe insita nella disciplina dei consorzi stabili, quali raggruppamenti nascenti proprio per permettere la partecipazione a gare ad evidenza pubblica anche ad imprese singolarmente prive dei requisiti di qualificazione eventualmente richiesti dal bando.

Il Consiglio di Stato, con la Sentenza in commento, ha definitivamente consacrato l’indirizzo interpretativo più estensivo, ovvero quello che permette la cumulabilità dei requisiti.

Occorre significare, però, come sia venuto in aiuto dei Giudici proprio il nuovo Codice dei Contratti (D.Lgs 36/2023) il quale, evidentemente contiene una specifica disposizione interpretativa:

“..L’articolo 47, comma 2-bis, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, si interpreta nel senso che, negli appalti di servizi e forniture, la sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati, anche se diversi da quelli designati in gara..”.

Si può dunque affermare che, oltre al Consiglio di Stato, è stata soprattutto l’opera del legislatore che, mediante una norma d’interpretazione autentica inserita nel nuovo codice, ha posto fine all’incertezza sulla applicabilità o meno del cd. “cumulo alla rinfusa”, chiarendo definitivamente la portata estensiva dell’istituto.