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L’incompatibilità tra il titolare di una farmacia e il socio partecipante titolare di una clinica: una questione ancora aperta

22/07/2021
TAR Marche, I, 9/02/2021, n. 106
Cons. St., III, ordinanza 9/07/2021, n. 3771

La titolarità di una farmacia non può far capo ad una società di capitali totalmente partecipata da altra società controllante una casa di cura. Lo ha stabilito il Tar Marche con la sentenza n. 106 del 9 febbraio 2021, che, come si vedrà di seguito, è oggi al vaglio del Consiglio di Stato.

La vicenda trae origine dal ricorso proposto da Federfarma Nazionale, Federfarma Ascoli e Federazione Ordini Farmacisti Italiani contro la delibera con cui il Comune di Ascoli Piceno cedeva la titolarità di una farmacia ad una società di capitali controllata da altra società di capitali, titolare di una casa di cura e nel cui consiglio di amministrazione sedevano due medici. I ricorrenti lamentavano la violazione della disciplina sulla incompatibilità di cui agli artt. 7 e 8 della legge n. 362 del 1991, considerando che tra le due società vi sarebbe un rapporto talmente stretto da determinare appunto, in ragione delle caratteristiche della società controllante, l’inosservanza dell’incompatibilità tra titolarità di una farmacia ed esercizio di una professione medica.

Il tema della incompatibilità

Il tema delle incompatibilità della professione di farmacista con altre attività rappresenta da sempre un tema di notevole rilievo, ancor più in seguito alla legge n. 124 del 2017 con cui si è permesso alle società di capitali di assumere la titolarità dell’esercizio di una farmacia. Se la novella in parola ha, da un lato, portato un’interessante e rilevante novità, dall’altro ha inevitabilmente sollevato una serie di quesiti in ordine alla portata delle incompatibilità in parola. Se, infatti, la formulazione letterale della norma pare riferirsi solo al socio persona fisica, è tuttavia inevitabile chiedersi se tali incompatibilità si estendano anche alle società che svolgano attività sanitaria in senso lato o che venga svolta dai componenti l’organo amministrativo delle società stesse.

La posizione del TAR Marche

Al quesito ha dato risposta il Tar Marche con la sentenza citata.

I giudici, nell’esaminare il ricorso, hanno ricordato come il regime delle incompatibilità della professione di farmacista con altre professioni o arti sanitarie risponda all’esigenza di tutelare la libertà nello svolgimento delle rispettive attività di prescrizione del farmaco e di dispensazione del farmaco, in modo da evitare il verificarsi di possibili conflitti di interessi.

Tale necessità ha indotto il legislatore a introdurre, con la legge del 2017, nuove ipotesi di incompatibilità, e ciò proprio per far fronte alla previsione della possibilità per le società di capitali di acquisire la titolarità di farmacie.

È in quest’ottica, quindi, che deve essere interpretata l’attuale versione dell’art. 7 della l. n. 362 del 1991 secondo cui “la partecipazione alle società [titolari dell’esercizio della farmacia privata] è incompatibile […] con l’esercizio della professione medica”. Osserva il Tar, in particolare, che la presente disciplina sulle incompatibilità va letta avendo riguardo alla ratio ad essa sottesa, che “se da una parte va ravvisata nella volontà del legislatore di dotare le farmacie di una solida base economico-finanziaria, dall’altra parte è volta ad assicurare l’indipendenza della professione di farmacista rispetto ad altre professioni sanitarie”.

Secondo il Tribunale Amministrativo, tuttavia, ciò che rileva – ai fini della concretizzazione dell’incompatibilità – non è la mera partecipazione ad una società di capitali titolare di farmacia, bensì la partecipazione collegata contestualmente alla gestione della società stessa e non a una attività di “sola” acquisizione di quote (in tal senso, sent. Corte Costituzionale n. 11 del 5 febbraio 2020).

È soltanto in tal modo, infatti, ossia con un ruolo di gestione, che si realizza il rischio del potenziale conflitto di interessi che il legislatore mira invece ad evitare.

Volendo traslare questi principi al caso di specie, il Tribunale osserva come la società controllante – gestendo una casa di cura e un ambulatorio medico – svolga indubbiamente attività medica. Inoltre, avendo questa il controllo della società titolare della farmacia si palesa il rischio di una commistione tra gestione di una farmacia e gestione, diretta o indiretta, di attività medica. Ciò, secondo i Giudici amministrativi, pare sufficiente per estendere a tale società, in qualità di socia della società titolare di farmacia, le incompatibilità previste per i farmacisti persone fisiche.                                                                                                                           

Una qualunque conclusione di segno diverso, infatti, consentendo alla società o ai suoi medici di continuare a svolgere l’attività nel settore medico-sanitario e acquisire, ancorché indirettamente, la proprietà della farmacia, finirebbe per eludere la disciplina sulle incompatibilità il cui obiettivo, si ricorda ancora una volta, “va nel senso di assicurare indipendenza tra coloro che sono chiamati a prescrivere i farmaci (medici) e coloro che i medesimi farmaci dispensando (farmacisti)”.

L'impugnazione innanzi al Consiglio di Stato

Tuttavia, si precisa come oggi la sentenza del Tar Marche sia stata impugnata innanzi al Consiglio di Stato, che l’ha sospesa in via cautelare al fine di approfondire in sede di merito le questioni attinenti alla disciplina della effettiva incompatibilità. A tal proposito, il Consiglio di Stato ha fatto riferimento proprio alla menzionata sentenza Corte Costituzionale, secondo cui l’incompatibilità non sarebbe estendibile al socio che si limita solo ad acquisire le quote senza alcun ruolo di gestione nella farmacia.

A questo punto, non resta che attendere la pronuncia definitiva dei Giudici di Palazzo Spada.