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L’imputabilità ad un unico centro decisionale non si applica nel caso di partecipazione a diversi lotti funzionali
L’art. 80, comma 5, lett. m) D.Lgs. n. 50 del 2016 individua una particolare fattispecie d’esclusione dalle gare pubbliche che si verifica qualora l'operatore economico si trovi, rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all'articolo 2359 Cod.Civ. o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se detta situazione di controllo comporti come le offerte presentate siano “imputabili” ad un unico centro decisionale.
Se, con riguardo alle specifiche forme di controllo ed influenza tra gli operatori economici, è essenzialmente il Codice Civile a delimitare i profili rilevanti, la sentenza in oggetto interviene invece sull’ambito d’applicazione della norma ed, in particolare, su cosa debba intendersi per “medesima procedura d’affidamento”.
Ci si chiede infatti, se nel caso di una gara suddivisa in più lotti funzionali, la "medesima procedura di affidamento" vada riferita alla singola gara per l’affidamento di uno specifico lotto, oppure alla procedura nel suo complesso.
La gara in esame era indetta da Consip e finalizzata alla conclusione di un accordo quadro per l’affidamento di “servizi applicativi in ottica cloud e di PMO per le pubbliche amministrazioni”, dove il RTI 1° tra i non affidatari impugnava il provvedimento d’aggiudicazione di uno dei lotti funzionali, sostenendo che l’aggiudicatario doveva essere escluso per violazione del predetto art. 80 comma 5 lett. m).
La contestazione derivava dal presupposto che la gara, seppur suddivisa in lotti, avesse - a detta dell’appellante - carattere “unitario”, come desumibile da una serie di indici "aggreganti" secondo la ricorrente, tra cui- l'identità dei servizi oggetto di appalto (che si differenziavano solo per la tipologia di Amministrazione destinataria dei servizi);
- l’unicità della Commissione esaminatrice;
- la medesima tipologia dei requisiti di capacità tecnica e professionale richiesti; iv) la presenza del medesimo R.U.P. ecc.
Tale prospettazione non è stata accolta dai giudici di Palazzo Spada sul presupposto che “l’identità della gara non va intesa unicamente in relazione alla ‘tipologia di prestazioni’ richieste dalla stazione appaltante, bensì anche in relazione "alle peculiari modalità attraverso cui si intende addivenire in concreto all'affidamento della commessa”.
Nel caso di specie la gara risultava in effetti differenziata su base:- merceologica (ossia tra servizi cloud applicativi e management office);
- dimensionale (tra grandi contratti e contratti medio-piccoli);
- geografica (ossia tra nord, centro e sud Italia);
- amministrativa (settore pubblico centrale da un lato e settore enti territoriali e locali dall'altro lato); e) economico-finanziaria (tra contratti sopra i 5 milioni di euro e contratti sotto tale soglia).
A fronte di specifici elementi differenziali doveva quindi essere dichiarata la natura di "atto ad oggetto plurimo", per cui non si era in presenza una procedura unitaria “multilotto”, bensì a più procedure, bandite con atti plurimi, ma separabili e distinti.
Nessun rilievo dunque poteva darsi al riferimento all’art. 51 commi 2 e 3 del Codice appalti, che prevede la limitazione del numero massimo di lotti attribuibili allo stesso partecipante, nonché il vincolo di partecipazione ai diversi lotti nella stessa forma e composizione.
Ciò in quanto era la stessa lex specialis di gara a prevedere che la disposizione che divieta offerte riconducibili al medesimo centro decisionale non trovasse applicazione nell'ipotesi in cui le offerte presentate dalle imprese si riferissero, in realtà, a lotti diversi, da intendersi a tutti gli effetti come gare a sé stanti.