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Il licenziamento per scarso rendimento

22/04/2024

Con l’ordinanza n. 10640 del 19 aprile 2024, la Corte di Cassazione affronta nuovamente gli elementi specifici del cd. licenziamento per scarso rendimento, ovvero quello determinato da un grave inadempimento del lavoratore nell’esecuzione della prestazione lavorativa, e oggetto di numerosi contenziosi giudiziari.

Istituto di matrice giurisprudenziale, il licenziamento per scarso rendimento viene considerato quale una fattispecie di risoluzione del contratto per inadempimento ex art. 1453 c.c. e s.s. e, quindi, pienamente lecita in presenza di un grave inadempimento degli obblighi contrattuali ascrivibile al lavoratore.

La Corte specifica che l’inadempimento del dipendente necessita di essere inquadrato alla luce del fatto che il lavoratore subordinato, in forza del contratto di lavoro, si obbliga solamente alla messa a disposizione delle proprie energie nei confronti del datore di lavoro. Ne discende, quindi, che il mancato raggiungimento del risultato prefissato dal datore di lavoro non può costituire, di per sé, un presupposto sufficiente ad intimare il licenziamento per scarso rendimento.

Richiamando un orientamento giurisprudenziale consolidato, tuttavia, gli Ermellini ribadiscono come, in presenza di parametri idonei ad accertare che la prestazione resa dal lavoratore sia eseguita con la diligenza e la professionalità media, il discostamento da detti parametri possa costituire uno “scarso rendimento” tale da giustificare il licenziamento.

Come rimarcato nel provvedimento, la fattispecie in esame richiede, oltre all’elemento oggettivo, anche il configurarsi di un elemento soggettivo, ovvero la colpa del lavoratore.

Tale ultimo elemento in particolare, secondo la Cassazione, contraddistingue il licenziamento per scarso rendimento da tutte le altre tipologie di licenziamento fondate sì su circostanze inerenti alla persona del lavoratore, ma non qualificabili propriamente come inadempimenti contrattuali in quanto situazioni che si verificano sul piano oggettivo e che determinano una mera perdita di interesse alla prestazione lavorativa (quali la sopravvenuta inidoneità del lavoratore, la carcerazione, assenza di titolo professionale abilitante etc.).

Secondo i giudici di legittimità, quindi, i fattori distintivi del licenziamento per scarso rendimento sono l’espressione di un giudizio negativo nei confronti del lavoratore e la sussistenza di un comportamento riconducibile alla sfera volitiva del dipendente.

In particolare, con riferimento poi al licenziamento determinato da malattia perdurante del dipendente, la Corte precisa come esso non sia annoverabile ad un licenziamento per scarso rendimento dato che tale circostanza è già prevista a livello normativo (art. 2110 c.c. – licenziamento per superamento di periodo di comporto) quale autonoma fattispecie di licenziamento.

La Corte, peraltro, da tale assunto trae due importanti principi applicabili a tale licenziamento.

Da un lato, essa precisa che il licenziamento intimato in ragione della perdurante assenza del dipendente prima del superamento del periodo di comporto è sempre nullo, in quanto in violazione di legge. Dall’altro, i giudici stabiliscono però come il licenziamento per superamento del periodo di comporto, se intimato ai sensi del 2110 c.c., è di per sé legittimo e non richiede alcuna valutazione in ordine alla sussistenza di una causale giustificativa ovvero di una impossibilità di ricollocare il lavoratore in servizio.

In conclusione, la Corte di Cassazione esamina il licenziamento per scarso rendimento, raffrontandolo con le tipologie di licenziamento ad esso contigue, al fine di evidenziarne i caratteri distintivi, ovvero:

  1. l’inadempimento contrattuale (inteso come il discostamento della prestazione effettivamente resa da quella resa in base ai parametri di diligenza e la professionalità media individuabili);
  2. la colpa del lavoratore (che qualifica il licenziamento per scarso rendimento come un licenziamento ontologicamente disciplinare).