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Il datore di lavoro può sapere se i dipendenti sono vaccinati?
Il Garante Privacy è intervenuto tramite lo strumento delle FAQ per chiarire gli aspetti di protezione dei dati nell’ambito dell’attività lavorativa con riferimento alle vaccinazioni anti Covid-19. Nello specifico il Garante ha precisato che:
1. Il datore di lavoro NON può chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione
Più in dettaglio, il datore non può chiedere ai dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale.
2. Il datore di lavoro NON può chiedere di fornire copia di documenti che comprovino l'avvenuta vaccinazione anti Covid-19
Ciò non può avvenire neppure con l’eventuale consenso del dipendente: il Considerando 43 del Reg. UE 679/2016 (GDPR) ritiene infatti la base giuridica del consenso inopportuna quando sussiste uno squilibrio del rapporto tra titolare e interessato, come appunto nel contesto lavorativo.
Negli stessi termini si era pronunciato nel 2017 anche il Working Party Articolo 29 rilevando che nei casi in cui un eventuale diniego del consenso potrebbe causare al lavoratore un pregiudizio reale o potenziale – situazione probabile in questo caso specifico – il consenso non è valido in quanto non può essere considerato espressione di una volontà libera.
3. Il datore di lavoro NON può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati
La circostanza che un dipendente sia vaccinato o meno è un dato relativo alla salute, che come tale può essere trattato solo dal medico competente nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica come previsto dalle norme che disciplinano:
- gli obblighi del medico competente (art. 25 d.lgs. n. 81/2008);
- lo svolgimento dell’attività di medico competente (art. 39, comma 5, d.lgs. n. 81/2008);
- la sorveglianza sanitaria (art. 41, comma 4, d.lgs. n. 81/2008).
Al contrario, il datore di lavoro può invece acquisire:
- i giudizi di idoneità alla mansione specifica;
- le eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati.
Al momento a livello legislativo non è stato stabilito se la vaccinazione anti Covid-19 possa rappresentare un requisito per:
- l’accesso ai luoghi di lavoro
- lo svolgimento di determinate professioni, attività lavorative e mansioni
ad esempio in ambiti ad alto rischio come quello sanitario.
Appurato che il datore di lavoro non può raccogliere dati relativi allo stato vaccinale dei lavoratori, indicazioni operative specifiche relative all’attività che il datore di lavoro deve porre in essere sono però ricavabili da altre fonti normative, in primis dal D.Lgs. 81/2008.
L’art. 28 comma 2 lettera a) prevede che il documento di valutazione del rischio (DVR) debba valutare tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, ed è ormai indubbio che il COVID sia uno dei rischi cui il lavoratore può essere esposto per il semplice fatto di trovarsi sul luogo di lavoro; quanto sopra è confermato dall’attuazione con il DPCM 24/10/2020 della Direttiva (UE) 2020/739, che ha sancito l’inserimento del SARS-CoV-2 nell’Elenco degli agenti biologici di cui è noto che possono causare malattie infettive nell’uomo. (Modificando l’allegato III della Direttiva 2000/54/CE relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti biologici durante il lavoro).
Anche l’Agenzia Europea per la salute e la sicurezza sul lavoro EU OSHA ha precisato nel Documento COVID-19 EU-OHCA guidance for the workplace, che le misure contro il COVID-19 dovrebbero essere incluse nella valutazione del rischio sul luogo di lavoro che copre tutti i rischi, compresi quelli causati da agenti biologici, come stabilito dalla legislazione nazionale e dell’UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro”.
Adempiuto all’obbligo di valutazione dei rischi, dovrà applicarsi l’art 279 del d.lgs. n. 81/2008 che prevede al comma 1 che “I lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria”
e prosegue il comma 2: “il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione”.
In merito alla sorveglianza sanitaria sottolineiamo che anche il Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro fra il Governo e le parti sociali del 24/4/2020 (Allegato 12 al DPCM 24/10/2020) disciplina all’art. 12 le attività cui il medico competente è tenuto sottolineando che “la sorveglianza sanitaria periodica non va interrotta”.
Sulla base di ciò:
- il medico competente saprà effettivamente quali dipendenti sono stati sottoposti a vaccinazione anti Covid-19, e, se del caso, potrà tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alle relative specifiche mansioni;
- il datore di lavoro non avrà accesso a tali informazioni ma dovrà attuare le misure speciali di protezione indicate dal medico competente.
