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Il Consiglio di Stato detta le regole (stringenti) per poter richiedere i danni nel caso di mancata aggiudicazione dell’appalto
Nell’ambito di un appalto di lavori, la concorrente seconda classificata richiedeva al Tribunale l’annullamento dell’aggiudicazione della prima graduata, stante la mancanza molteplici requisiti in capo a quest’ultima.
Il TAR accoglieva il ricorso, ma purtroppo essendo oramai i lavori praticamente conclusi, la Stazione Appaltante decideva di NON far subentrare nell’appalto la seconda classificata (che pure ne avrebbe avuto diritto).
La seconda classificata decideva allora di promuovere causa contro la Stazione Appaltante per richiedere i danni subiti, ovvero il mancato utile e il danno curriculare per non avere potuto svolgere l’appalto nonostante ella sarebbe passata automaticamente ad essere prima classificata.
Il TAR di primo grado accoglieva la richiesta risarcitoria, riducendo tuttavia l’importo in via equitativa. In buona sostanza veniva riconosciuto quale mancato utile, ed in via forfettaria, un 5% dell’importo dei lavori di nuova costruzione indicati in appalto, e un 2,5% relativo ai soli lavori di ristrutturazione. A ciò si aggiungevano i danni d’immagine per non avere potuto giovare, e dunque indicare, nel proprio curriculum l’appalto in questione. Così per un totale di circa 80.000 €.
La questione è stata successivamente posta all’attenzione del Consiglio di Stato il quale però ribalta completamente la decisione, decretando regolare chiare (ma non affatto semplici) a carico dell’operatore che voglia richiedere un risarcimento a seguito della mancata aggiudicazione dell’appalto.
- In via generale chi propone un’azione giudiziale di annullamento dell’aggiudicazione può scegliere per una tutela in forma specifica (ovvero conseguire l’aggiudicazione e il contratto), oppure richiedere un risarcimento del danno per equivalente (e ciò nel caso in cui non si rendesse disponibile al subentro nel contratto o non vi fossero presupposti per dichiarare il contratto inefficace).
- A questo scelta la strada del risarcimento, la concorrente danneggiata deve comunque offrire la prova che ella si sarebbe aggiudicata la commessa, con diritto alla stipula del contratto.
- Non compete mai il ristoro del cd. “danno emergente” (in pratica i costi sostenuti per la partecipazione alla gara rimangono in capo in ogni caso ai concorrenti e non possono essere richiesti).
- È possibile richiedere, quale danno, il mancato profitto e il danno curriculare, però solo a determinate condizioni.
- L’ancoraggio forfettario di tali danni alla misura del 10%, o ad altre percentuali, non è possibile se non viene data la prova che tale metodo (a forfait) sarebbe l’unico possibile per oggettiva difficoltà a fornire la prova specifica delle cifre richieste.
- Ai fini della prova sul mancato utile occorre fare riferimento esclusivamente al ribasso offerto in sede di gara e dunque all’offerta presentata, e non alla base d’asta.
- Occorre che il danneggiato dimostri in che misura non abbia potuto utilizzare, nel frattempo, le proprie maestranze presso altri appalti. In pratica dal danno patito occorre sempre sottrarre la parte di utile conseguita presso altri cantieri altrimenti vi sarebbe una duplicazione di utili.
- Anche il danno curriculare deve essere oggetto di prova rigorosa e non può essere presunto per il sol fatto di non essersi la concorrente aggiudicata l’appalto.
In conclusione, quindi, i conteggi sui danni devono essere analitici e supportati da documentazione, non potendo il Giudice sostituirsi al concorrente nella quantificazione dei danni.
In assenza di tali prove, dice il Consiglio di Stato, nessun danno deve essere riconosciuto alla concorrente.