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I limiti territoriali del patto di non concorrenza: l’interpretazione della corte di appello di Bologna del concetto di “zona”

29/01/2024

Prima ancora di entrare nel merito della pronuncia della Corte d’Appello di Bologna, si consenta una breve introduzione all’istituto del Patto di non concorrenza per meglio chiarire la portata innovativa della sentenza in commento.

Il patto di non concorrenza (PNC), disciplinato dall’art. 2125 c.c., ha la precisa funzione di vincolare un dipendente a non svolgere attività lavorativa in concorrenza con quella del proprio datore di lavoro in un momento successivo alla conclusione del rapporto di lavoro. Per essere valido, tuttavia, il vincolo anticoncorrenziale deve essere circoscritto nell’oggetto, nella durata, nell’ estensione territoriale e, altresì, deve prevedere un congruo corrispettivo.  

Seppure siano quindi plurimi gli elementi essenziali del PNC la normativa di riferimento non entra nel dettaglio della loro “sostanza” che viene quindi lasciata alla giurisprudenza di merito e di legittimità.

Sino ad oggi i Giudici si sono lungamente soffermati sulla corretta identificazione dei parametri del “giusto” corrispettivo del vincolo di non concorrenza che, di fatto, si risolvono in accurate proporzioni tra il corrispettivo per il PNC e la RAL del lavoratore tenuto al rispetto del Patto a seconda dell’estensione territoriale del vincolo stesso.

Sono invece innovative le pronunce sul significato di “zona”, intesa come area geografica in cui il lavoratore è obbligato, in adempimento del PNC, a non prestare attività lavorativa. Più fattori interpretativi potrebbero infatti concorrere a riempire di significato tale concetto e non di rado, infatti, così avviene nelle aule di tribunale. È corsa quindi ai ripari la sentenza in commento che entra nel merito della definizione di “zona”. Entriamo quindi nel merito della vicenda.

La Società, datrice di lavoro, conveniva in giudizio un suo ex dirigente accusato di aver violato il patto di non concorrenza per aver svolto attività concorrenziale nella “zona” indicata nel PNC. La “zona” in questione era rappresentata dall’intero territorio nazionale.

La Società sosteneva in particolare che l’ex dipendente era andato a lavorare per una società che
  1. aveva sede legale, amministrativa e stabilimenti produttivi in Italia e
  2. svolgeva attività sul territorio italiano. Di più,
  3. l’ex dipendente aveva svolto la propria prestazione in un ufficio ubicato in Italia e
  4. si sarebbe recato presso alcune fiere e convegni tenutisi in Italia per conto della nuova datrice di lavoro.

La Corte d’Appello si è pronunciata eliminando ogni dubbio sulla confusione tra “zona” e localizzazione del lavoratore nel momento in cui svolge la prestazione o dell’azienda nuova datrice di lavoro, stabilendo a chiare lettere che per “zona” deve intendersi esclusivamente il mercato di riferimento.

Secondo la Corte, il concetto di territorio non deve essere inteso quale perimetro fisico della postazione di lavoro né tanto meno la sede legale e/o unità locali del nuovo datore “bensì lo spazio nel quale si riflettono gli effetti della prestazione lavorativa del lavoratore in questione”.

In altre parole, non viene dato rilievo al modus della prestazione bensì al perimetro di destinazione degli effetti della prestazione lavorativa e quindi al mercato ove quella prestazione andrà ad incidere.

Peraltro, la Corte d’Appello di Bologna rileva come ragionare a contrariis implicherebbe ammettere l’indeterminatezza dell’estensione del vincolo (ovvero della “zona”), con l’effetto che il patto dovrebbe considerarsi nullo. Si pensi a quel lavoratore, come accaduto nel procedimento in commento, che non può operare in Italia in ragione del PNC. Se tale vincolo ricomprendesse anche la sola postazione fisica di lavoro o sede della società al lavoratore sarebbe precluso di lavorare anche per il mercato estero qualora banalmente si trovasse a lavorare dalla propria dimora in Italia e/o per una società italiana.  Dunque, il criterio della “zona”, così come definito dalla Corte, risponde anche ad un principio di conservazione del contratto poiché accogliendo l’opposta tesi i PNC sarebbero da considerarsi sempre nulli per indeterminatezza della zona.

Per le medesime ragioni, la Corte d’Appello di Bologna ha ritenuto che la partecipazione dell’ex dipendente alle ferie e ai convegni che si erano tenuti in una regione italiana non costituisse violazione del PNC poiché tali fiere/convegni avevano come tematica il commercio in mercati esteri, e pertanto si trattava di eventi “intrinsecamente internazionali” e dunque esclusi dalla “zona” del PNC in questione.

Con la pronuncia in commento è stata aperta la strada ad un’attuale interpretazione del concetto di “zona” che tiene evidentemente conto dell’evoluzione del mercato attuale, sempre più globalizzato e non articolato necessariamente in realtà locali. Si dovrà però attendere un’eventuale iniziativa della soccombente per conoscere se anche la Corte di Cassazione è dello stesso (condivisibile) avviso.