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La gestione delle trattative negli accordi commerciali: quali contratti utilizzare e come tutelarsi?

08/06/2023

Le tipologie di rapporti che intendiamo esaminare con il presente contributo sono molto diffuse nella prassi e presentano numerose complessità che l’operatore economico interessato dovrebbe conoscere per tutelare il proprio investimento commerciale.

Accade spesso infatti che due o più operatori economici giungano all’accordo contrattuale (es. fornitura, distribuzione, partnership ecc.) a seguito di una fase preparatoria più o meno ampia, caratterizzata da una serie di atti e comportamenti di varia natura (es. trattative, scambi di proposte e controproposte, contratti preparatori ecc.).

Ciò che accade durante le trattative, tuttavia, non sempre è privo di effetti giuridici, come erroneamente alcuni ritengono. Può capitare che un documento utilizzato in queste fasi produca effetti giuridici vincolanti per le parti, pur in mancanza di un vero e proprio “contratto definitivo” e nella più totale inconsapevolezza degli operatori interessati.

Tra gli atti ai quali l’ordinamento giuridico riconosce effetti giuridici si devono annoverare i c.d. “atti preparatori”. Si tratta, in particolare, di atti che le parti concludono nella fase che precede il perfezionamento del contratto in vista della stipula di un contratto definitivo il cui contenuto è parzialmente o totalmente ancora da regolare. Tra i più diffusi “atti preparatori” disciplinati dall’ordinamento giuridico si segnalano:

  • “Minuta” o “Puntuazione”
  • “Proposta Irrevocabile”
  • “Prelazione”
  • “Opzione”
  • “Contratto Preliminare”

Le complessità giuridiche che si annidano nella redazione di questi atti preparatori comportano spesso la gestione di trattative inutili e nei casi peggiori dannose per i propri obiettivi di business. Ciò si verifica quando le parti conducano le trattative senza interrogarsi sugli effetti che i documenti firmati nella fase di trattativa potrebbero effettivamente produrre nelle rispettive sfere giuridiche.  

A titolo esemplificativo, si pensi a quando un operatore intenda soltanto “trattare” senza “obbligarsi”, ma firmi atto o documenti cui l’ordinamento attribuisce precisi effetti giuridici vincolanti; oppure, ancora, sono frequenti i casi in cui  una parte intenda obbligare la controparte anche in fase di trattativa rispetto a determinati punti, ma poi non vi riesca efficacemente a causa del ricorso a strumenti contrattuali che producano tutt’altro effetto giuridico.

Onde evitare di incorrere in questi rischi nella fase della trattativa, è dunque richiesta una conoscenza di tutti gli atti preparatori che l’ordinamento giuridico prevede come preparatori del contratto definitivo.  Come vedremo, infatti, Il ricorso ad un atto “preparatorio” piuttosto che ad un altro potrebbe produrre l’effetto di determinare la buona riuscita di una trattativa e, conseguentemente, evitare la perdita del proprio investimento commerciale e/o la ricezione di richieste di risarcimento danni da parte dell’operatore danneggiato.

Minuta

La minuta (o c.d. puntuazione) è usata nelle fasi che precedono la conclusione del contratto ed ha l’obiettivo di documentare lo stato delle trattative. Con la minuta, quindi, le parti fissano per iscritto gli elementi del futuro contratto sui quali hanno raggiunto un accordo.

La minuta, a differenza degli altri atti di cui tratteremo, non ha valore vincolante ed è solitamente redatta per comodità e/o per facilitare la prosecuzione delle trattative. Ciò implica che l’accordo trasfuso in una minuta non obbliga le parti a concludere il contratto definitivo, né produce dirette conseguenze risarcitorie ricollegate alla mancata stipula.

Si pensi al caso in cui la società ALFA intenda distribuire i prodotti della Società BETA. Può accadere che le due società, pur non essendo ancora pronte a stipulare il contratto definitivo, abbiano raggiunto un accordo che preveda in caso di futura stipula un vincolo di esclusiva per la distribuzione del prodotto nel territorio italiano a favore della società ALFA. Con riguardo all’accordo raggiunto sulla esclusiva le parti potrebbero dunque sottoscrivere una minuta e rinviare alla stipula del contratto definitivo la regolazione degli altri aspetti dell’accordo commerciale. La sottoscrizione della minuta, quindi, non obbligherà la società ALFA o BETA a sottoscrivere il contratto definitivo di distribuzione.

Deve però precisarsi come la minuta potrebbe pur sempre assolvere una funzione probatoria e divenire un utile elemento interpretativo del rapporto, soprattutto nei casi in cui nascano controversie tra le parti circa l’interpretazione e/o esecuzione del contratto. Nell’esempio sopracitato, la minuta sottoscritta dalle società ALFA e BETA contribuirebbe a dimostrare avessero raggiunto un accordo sul diritto di esclusiva nel territorio italiano del distributore, così potendo chiarire il contenuto degli accordi e valutare eventuali responsabilità derivanti dalla mancata conclusione del definitivo o dalla scorretta esecuzione del contratto di distribuzione successivamente concluso.

In definitiva, la minuta ha il mero scopo di “fotografare” lo stato di avanzamento delle trattative e può in certi casi risultare utile per la prova qualora sorgano contrasti e divergenze interpretative sulla interpretazione e/o esecuzione del rapporto contrattuale.

Proposta irrevocabile

La proposta irrevocabile è disciplinata dall’art. 1329, comma 1, c.c. e si ha quando una persona si impegna a tenere ferma una proposta contrattuale per un certo periodo di tempo determinato. Si tratta di un “atto preparatorio” unilaterale perché non richiede la controfirma, ed anzi è proprio diretto a invitare la controparte a stipulare un contratto definitivo.

L’esempio tipico è quello della società BETA che invia alla società ALFA una proposta di acquisto avente per oggetto dispositivi medici.

Elemento fondamentale della proposta irrevocabile è l’indicazione del termine entro il quale chi trasmette la proposta si impegna a tenerla ferma (i.e. “irrevocabile”).

In mancanza del termine, la proposta non potrà considerarsi “irrevocabile” ma una mera “proposta semplice” e quindi ritirabile in ogni momento prima che intervenga l’accettazione della controparte.

Pertanto, quando si invia una qualsiasi proposta commerciale a potenziali clienti, occorrerebbe sempre domandarsi se il testo preparato possa essere interpretato o meno come proposta irrevocabile o semplice, e, in particolare, indicare un termine solo se si è in grado di mantenere la proposta ferma per tutta la durata prestabilita.

A ciò si aggiunga che, nel caso si opti per una proposta “semplice”, si dovrà tener conto del fatto che tale proposta sarà valida fino a che non intervenga l’accettazione o il rifiuto del destinatario. Quindi le eventuali proposte inviate a potenziali clienti dovrebbero essere aggiornate in caso di mancato riscontro per evitare che il mittente non sia più in grado di mantenerle.

Infine, a prescindere se si opti per una proposta “semplice” o “irrevocabile”, si suggerisce di redigere tutte le proposte nella forma contrattuale che dovrà prendere l’eventuale contratto definitivo, onde evitare che dopo l’accettazione sorgano dubbi circa i rispettivi obblighi previsti in capo alle parti.

Si noti che la violazione degli obblighi di cui sopra potrebbe esporre il mittente ad un’azione di risarcimento danni da parte del destinatario che si ritiene danneggiato.

Prelazione

La prelazione è un accordo in cui una parte si impegna, a parità di condizioni rispetto ad altri contraenti, a preferire un’altra parte per la conclusione di un determinato contratto definitivo. A differenza della proposta semplice o irrevocabile, il patto di prelazione è un vero e proprio contratto che richiede il consenso di ambedue le parti obbligate.

Si pensi al caso in cui la società BETA valuti più offerenti per affidare la distribuzione dei dispositivi medici e intenda verificare le condizioni di distribuzione più vantaggiose prima di stipulare il contratto definitivo. In tali situazioni potrebbe capitare che la società ALFA proponga alla società BETA delle condizioni per la distribuzione, riservandosi il diritto di essere preferita nella conclusione del contratto definitivo qualora gli altri partecipanti non abbiano offerto condizioni più vantaggiose.

La prelazione, nell’esempio sopra indicato, comporterà un vero e proprio vincolo contrattuale in quanto la società BETA potrà affidare ad altri la distribuzione dei dispositivi medici solo qualora questi ultimi abbiano offerto condizioni più vantaggiose rispetto a quelle offerte dalla società ALFA; in caso contrario, il contratto andrà concluso con la società ALFA senza alcun ulteriore margine di discrezionalità.

Si richiede che l’oggetto della prelazione corrisponda esattamente a quello del contratto di distribuzione. Tornando al nostro esempio, la prelazione della società ALFA non potrà operare se la società BETA concluda un contratto definitivo con altro offerente che abbia però ad oggetto la distribuzione di una tipologia diversa di dispositivi medici.

Peraltro, onde evitare contestazione con riguardo alla definizione di “condizioni più vantaggiose”, sarebbe opportuno che la società BETA indichi nel patto di prelazione anche i criteri in base ai quali valuterà la minore o maggiore convenzione dell’affare.

È possibile, inoltre, che le parti pattuiscano un compenso per il riconoscimento del diritto di prelazione.

Parimenti a quanto detto per la proposta irrevocabile, la violazione del patto di prelazione esporrà la parte inadempiente al risarcimento danni.

Opzione

Ai sensi dell’art. 1331 c.c. l’opzione è un contratto che vincola una parte a rispettare una proposta irrevocabile e conferisce all’altra parte la facoltà di aderirvi o meno.

L’opzione potrebbe sembrare avere le stesse caratteristiche della proposta irrevocabile in quanto anche in quel caso la parte che la riceve ha facoltà di aderirvi o meno. Ciò, tuttavia, non è vero in quanto l’opzione, a differenza della proposta irrevocabile, non è un atto unilaterale e richiede per la sua conclusione la firma di entrambe le parti.

L’esempio tipico è quello in cui la società BETA concluda un contratto definitivo di distribuzione e preveda che trascorso un certo periodo di tempo la società distributrice BETA avrà la facoltà (non l’obbligo!) di acquistare a titolo definitivo i diritti di proprietà industriale sui prodotti commercializzati (es. diritti di autore di un software, marchio di prodotto, brevetti ecc.).

In questi casi, trascorso il periodo di tempo concordato ed esercitata l’opzione, la società ALFA sarà obbligata ad accettare che la società distributrice BETA diverrà l’unico titolare dei diritti di proprietà industriale sul prodotto.

Parimenti al diritto di prelazione, anche l’opzione può essere pattuita dietro corrispettivo.

Sul punto, si suggerisce di dare all’opzione un oggetto completo e di indicare lo stesso contenuto del contratto definitivo che si andrà a stipulare dopo l’esercizio dell’opzione, onde evitare che si generino contrasti interpretativi circa l’ambito applicativo e l’efficacia del diritto di opzione.

Si può configurare anche in tal caso un risarcimento danni a favore della parte che ha violato il patto di opzione.

Contratto Preliminare

Con il contratto preliminare le parti si impegnano a stipulare un successivo contratto definitivo, i cui elementi fondamentali sono già fissati nello stesso preliminare. Affinché possa ricorrere la figura del preliminare, è richiesto che il contratto contenga almeno:

  • l’indicazione precisa delle parti;
  • il bene oggetto di trasferimento;
  • il prezzo.

Di seguito un esempio di preliminare: la Società ALFA intende affidare la distribuzione una particolare tipologia di dispositivi medici alla società BETA ad un prezzo determinato; potrebbe accadere che le parti non abbiano ancora concordato gli elementi accessori del contratto (es. l’eventuale vincolo di esclusiva, l’attività promozionale che dovrà svolgere il distributore e/o la ripartizione dei costi di distribuzione) ma che siano quantomeno d’accordo sugli elementi principali del contratto di distribuzione (beni da distribuire e prezzo di acquisto ecc.). In questi casi, la società ALFA e BETA possono impegnarsi con il preliminare a concludere il futuro contratto di distribuzione dei dispositivi medici alle condizioni principali concordate nel preliminare e rinviare al definitivo l’accordo sugli altri elementi accessori del contratto.

Ma cosa succede se poi una delle due parti rinuncia e non stipula il definitivo?

Al netto dei complessi e variegati orientamenti giurisprudenziali, la parte adempiente potrebbe ottenere la risoluzione (i.e. cessazione) del contratto o una sentenza di condanna dal giudice che decreti la stipula del definitivo anche senza il consenso della parte rinunciante ai sensi dell’art. 2932 c.c. In entrambe le ipotesi, peraltro, la parte rinunciante sarebbe sempre esposta all’azione di risarcimento danni azionata dalla parte adempiente per la mancata conclusione del definitivo.

Ciò in quanto il contratto preliminare - se redatto correttamente - ha tutti i requisiti essenziali per divenire un contratto definitivo, per cui l’eventuale rinuncia fondata su elementi accessori del contratto difficilmente sarebbe ritenuta legittima.

Per tali motivi, si suggerisce di stipulare contratti preliminari che abbiano un termine preciso entro il quale le parti devono concludere il contratto definitivo e oltre il quale le parti saranno liberate dall’obbligo di stipulare il contratto definitivo se dovesse persistere il disaccordo sugli altri elementi del rapporto di accordo; in alternativa all’indicazione del termine, è possibile anche sottoporre il contratto preliminare ad una condizione c.d. risolutiva, concordando con controparte che l’avveramento di un determinato evento (per esempio, il mancato accordo sul vincolo di esclusiva o su altro elemento accessorio) determinerà la cessazione dell’accordo.

Conclusioni

Dalla lettura di quanto sopra si ricava chiaramente come la gestione della fase delle trattative possa presentare numerose problematicità se non affrontata con i “giusti” strumenti giuridici. I vari e spesso parziali accordi a cui giungono le parti nella fase precedente alla stipula del definitivo producono effetti giuridici distinti e richiedono quindi una disamina mirata sulle soluzioni contrattuali più opportune.

Una gestione e redazione degli accordi in fase di trattativa superficiale e non approfondita potrebbe infatti comportare l’impossibilità di raggiungere gli obiettivi prefissati. Così, per esempio, potrebbe accadere che un’errata redazione dei documenti e/o accordi in fase di trattativa porti a qualificare l’atto sottoscritto come:

  • un “contratto preliminare” o addirittura un “contratto definitivo”, obbligando, nel primo a caso a concludere un contratto definitivo, nel secondo caso ad eseguire dei veri e propri obblighi contrattuali, ciononostante non si avesse alcuna intenzione di vincolarsi e al contrario si volesse ricorrere allo schema non vincolante della “minuta”;
  • una “proposta irrevocabile” non ritirabile prima del decorso di un certo termine, anche se il fine perseguito era semplicemente quello di indicare i prezzi dei propri prodotti per poi solo successivamente andare a definire nei dettagli le ulteriori clausole del contratto.
  • una “minuta”, così non obbligando una parte a concludere un “contratto definitivo” come invece si riteneva opportuno procedere.

Ancora, la redazione imprecisa del patto di “prelazione” o “opzione” potrebbe, per esempio, vanificare i diritti che il titolare pensava di poter esercitare, solo per non aver correttamente indicato l’oggetto della prelazione o non aver dato all’opzione un contenuto corrispondente a quello del successivo contratto definitivo.