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La gestione dei big data in tempo di pandemia
In tempi di emergenza appare inevitabile per tutti percepire un notevole mutamento dei valori primari e delle esigenze quotidiane: beni e diritti che prima apparivano scontati ora non lo sono più. La salute, la sicurezza e la salubrità degli ambienti (art. 32 Cost.), i medicinali, il cibo, la libertà personale (art. 13 Cost.) e la libertà di spostarsi (art. 16 Cost.), sono ritornati ad essere qualcosa da raggiungere.
A ben pensarci, però, tutti questi valori sono da sempre stati costituzionalmente garantiti e, solo con l’avvento del COVID-19, sono stati rimessi in discussione.
Un punto su cui si sta discutendo parecchio in questi giorni e che riguarda in modo inscindibile i valori costituzionali di cui sopra e la privacy, è la possibilità di utilizzare delle soluzioni tecnologiche data driven per affrontare l’emergenza sanitaria, sociale ed economica legata alla diffusione del virus sul territorio italiano.
Nel dettaglio, è stato attivato un gruppo di esperti scelti in collaborazione con il Ministero della Salute, l’Istituto Superiore della Sanità e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, alcuni dei quali sono stati direttamente designati dall’AGCM, AGCOM e dal Garante per la protezione dei dati personali.
Il tema dell’organizzazione dei processi di raccolta ed elaborazione di una grossa mole di dati anche attraverso la stretta collaborazione da parte di queste autorità negli anni scorsi non era passato inosservato e, data l’emergenza che si sta sviluppando, si sta rafforzando sempre più.
Già il 30 maggio 2017, infatti, AGCOM, AGCM e il Garante Privacy hanno avviato un’indagine conoscitiva sui big data volta ad approfondire la conoscenza degli effetti prodotti dal fenomeno dei Big Data e ad analizzarne le conseguenze in relazione all’attuale contesto economico- politico-sociale e al quadro di regole in vigore, i cui contenuti sono stati approfonditi in un nostro precedente articolo.
Lo scorso mese di febbraio, poi, a chiusura della predetta indagine, le tre Autorità coinvolte hanno riportato i risultati e le conclusioni della stessa.
Di seguito, partendo dalle considerazioni effettuate dal Garante Privacy nell’elaborato in questione, un breve focus su quanto emerso: la materia della protezione dei dati personali si pone, infatti, per la trasversalità che la caratterizza, come punto di incrocio necessario rispetto a tutti gli ambiti interessati da questo fenomeno.
Le attività legate all’utilizzo dei Big Data possono evidenziare chiari profili di contrasto con aspetti fondamentali della disciplina di protezione dei dati con riferimento ai principi di liceità e correttezza nel trattamento, aspetto quest’ultimo che rinvia ad una effettiva (e compiuta) consapevolezza degli interessati (e correlativa trasparenza dei titolari del trattamento) circa le operazioni connesse all’utilizzo dei dati personali che li potrà riguardare, al rispetto del principio di finalità e alla corretta individuazione della base giuridica posta a fondamento di tali operazioni di trattamento.
Le informazioni rese agli interessati, del resto, vanno ad integrare esse stesse una componente “concorrenziale” rispetto al trattamento posto in essere dai singoli titolari del trattamento, ben potendo orientare le scelte di quanti vedono le informazioni a sé riferite coinvolte nel trattamento (così dando attuazione al diritto all’autodeterminazione informativa), non diversamente dalle informazioni contenute sulle etichette e dai documenti informativi che i consumatori consultano prima di procedere all’acquisto di beni di consumo.
Fornire una corretta informativa è il pre-requisito per un valido consenso al trattamento dei dati (che, per l’appunto, si vuole informato), ove lo stesso sia necessario. Consenso al trattamento che non comporta alcuna “cessione” di dati personali, neanche quando acceda alla fruizione di servizi “gratuiti”; il diritto alla protezione dei dati personali, infatti, consiste anzitutto nel potere dell’interessato di controllare l’uso che dei dati personali a sé riferiti viene fatto in relazione alle finalità per le quali i dati sono (legittimamente) trattati.
Un altro tema su cui si è concentrato il Garante è la necessità da parte di chi tratta Big Data di adottare misure preventive e processi interni volti a commisurare il rischio sui diritti degli interessati (che possono determinare anche l’adozione di decisioni individuali sulla base di analisi “predittive”).
In questa prospettiva ha considerato necessario svolgere una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati, così come prevista dall’art. 35 GDPR, cui, con alta probabilità, devono essere sottoposti i trattamenti di dati posti in essere con la tecnica dei Big Data, in particolare con riguardo ai casi in cui il trattamento comporti “una valutazione sistematica e globale di aspetti personali relativi a persone fisiche, basata su un trattamento automatizzato, compresa la profilazione, e sulla quale si fondano decisioni che hanno effetti giuridici o incidono in modo analogo significativamente su dette persone fisiche” (cfr. art. 35, par. 3, lett. a).
- per regolamentare il tutto risulta necessaria la cooperazione rafforzata e l’interlocuzione con altri soggetti istituzionali, ad iniziare dalle autorità indipendenti di settore cui sono rimessi poteri di vigilanza e regolatori (si pensi già solo ai settori assicurativo, bancario, finanziario, energetico ecc.);
- la necessità di profili professionali (cd. data scientist) che possano operare nel contesto dei Big Data, anche presso le autorità di controllo, per assicurare la qualità dell’attività di ricerca svolta;
- le competenze di tali figure professionali non possono prescindere da un’adeguata considerazione dei profili etici e giuridici (anzitutto con riguardo alle discipline di protezione dei dati personali) che tali trattamenti implicano.
Adottando le soluzioni finali proposte, quindi, la finalità ultima degli articolati processi sottesi all’utilizzo di Big Data vuole essere, in termini generali, quella di accrescere l’efficienza dei processi produttivi, migliorare la capacità decisionale dei soggetti che ne usufruiscono e prevedere più accuratamente le tendenze comportamentali degli individui oggetto di analisi sia in campo economico, medico, scientifico o, come nel caso attuale, emergenziale.