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DISPOSITIVI MEDICI E APPS: la tutela delle apps per dispositivi mobili
Ordinanza del Trib. di Milano, 26/08/2013, R.G. n. 29942/2013
Tema di grande attualità quello delle APPS in ambito sanitario da qualificarsi come dispositivi medici.
Il dibattito si è aperto a settembre 2013 con la pubblicazione da parte della FDA americana delle Linee Guida per valutare se e quando le Apps per dispositivi mobili devono essere considerati dispositivi medici
http://www.fda.gov/MedicalDevices/ProductsandMedicalProcedures/ConnectedHealth/MobileMedicalApplications/ucm368744.htm
Mentre è in corso – proprio oggi - a Roma la Conferenza Nazionale dei DM nella quale verrà trattato anche questo tema, il giudice di Milano emette una ordinanza molto interessante in materia di tutela delle APPS: non si tratta (ovviamente) di dispositivi medici ma i principi giuridici applicati possono trovare comunque applicazione in tale ambito.
Oggetto della controversia – infatti - è un caso di contraffazione di una APP e la giurisdizione italiana.
La sentenza interessa pertanto le aziende italiane che stanno creando APP qualificabili come dispositivi medici.
Il caso è questo.
Un’azienda informatica italiana creava una APP per dispositivi mobili da integrarsi con la piattaforma di uno dei più noti social network (Facebook).
Sennonché, poco prima della commercializzazione, l’azienda scopriva che Facebook aveva già lanciato altra APP con le medesime funzionalità.
L’azienda chiedeva quindi d’urgenza al Tribunale la possibilità di analizzare l’APP lanciata da Facebook in comparazione con la propria, onde raccogliere la prove della contraffazione del c.d. “codice sorgente” della app e della conseguente concorrenza sleale attuata dal social network ai propri danni (c.d. richiesta di “descrizione”, mezzo istruttorio di costruzione della prova ex art. 129 D. Lgs. 30/2005).
Concesso il mezzo cautelare, la filiale italiana di Facebook chiedeva che il giudizio fosse esteso anche alla filiale irlandese e la casa madre americana, trattandosi, a suo dire, dei soggetti concretamente responsabili della gestione del programma.
Costituitesi le società straniere, queste chiedevano che fosse dichiarata l’incompetenza territoriale del giudice italiano, visti i caratteri “internazionali” della controversia.
Ma il Tribunale di Milano non ha accolto l’eccezione: cioè ha confermato il mezzo istruttorio, ne ha dichiarato l’applicazione ai fini delle indagini anche nei confronti delle società straniere.
Ciò, secondo il Tribunale, in base alla regola del c.d. luogo della commissione del reato di cui al Regolamento CE n. 44/2001 sugli illeciti internazionali, ritenuto dal giudice applicabile anche nei confronti degli Stati non aderenti: in buona sostanza, dunque, l’azienda italiana ha ricevuto tutela in Italia anche nei confronti delle società straniere coinvolte perché “il giudice competente è quello del luogo in cui l’evento danno è avvenuto o può avvenire” (Art. 5 primo comma n. 3 Reg. CE n. 44/2001).
In questo caso, chiaramente, il mercato ed il territorio italiano.