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La dichiarazione in merito a presunti illeciti professionali va effettuata anche se la risoluzione contrattuale risulta ancora “sub iudice”
Nel caso di specie, una ditta veniva esclusa da una procedura di gara indetta dall’Azienda Sanitaria delle Marche poiché aveva omesso di dichiarare, ai sensi del predetto art. 80 comma 5° lett. c), una precedente risoluzione contrattuale subita.
La ditta in questione sosteneva però la mancanza di uno specifico obbligo dichiarativo a suo carico, dal momento che la predetta risoluzione anticipata era stato oggetto di apposita impugnativa dinanzi al Tribunale Civile di Palermo, con giudizio ancora pendente al momento dell’indizione della gara.
Tale risoluzione aveva inoltre comportato un’annotazione nel Casellario ANAC nei confronti della società in questione, ma che tuttavia – secondo la dicitura utilizzata dalla stessa Autorità - non avrebbe determinato “l’automatica esclusione dalla partecipazione alle gare pubbliche”.
Il Consiglio di Stato ha però deciso di confermare l’esclusione ai danni della ditta appellante, precisando che la disposizione relativa ai gravi “illeciti professionali” deve essere intesa nel senso che “la pendenza del giudizio civile […], non giustifica di per sé, l’esclusione dalla gara, ma richiede comunque una valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante in merito alla gravità delle inadempienze”.
Come hanno infatti tenuto a precisare i giudici di Palazzo Spada, l’indicazione delle fattispecie “di illecito” contenute nella norma del Codice deve ritenersi meramente esemplificativa, residuando un potere discrezionale in capo alla S.A., in merito alla valutazione di ulteriori situazioni rilevanti ai fini dell’esclusione (naturalmente in questo caso con un onere motivazionale più rigoroso a carico dell’amministrazione).
Ma l’aspetto più rilevante è che il Collegio ha affermato il principio secondo cui l’obbligo dichiarativo non deve affatto ritenersi escluso anche rispetto ad “un episodio risolutivo sub iudice”, ovvero in assenza del carattere della “definitività” richiesto dalla norma in esame.
In altri termini, il concorrente deve sempre e comunque assolvere ad un onere dichiarativo, anche in riferimento alle risoluzioni contestate ed ancora “pendenti” in giudizio, per permettere alla S.A. di valutare se si tratta comunque di informazioni rilevanti ai fini dell’affidabilità del concorrente.
Nell’attesa di un (auspicato) chiarimento sulla questione, si segnala come la modifica dell’art. 80 comma 5° citata in premessa, abbia di fatto eliminato ogni riferimento alla “definitività della risoluzione”, facendo invece leva su ulteriori indicatori relativi al “tempo trascorso dalla violazione e sulla gravità della stessa”.
Ciò in accordo con la direttiva europea che – in materia di illeciti professionali - non pone alcuna distinzione in merito ad un eventuale “pendenza di giudizio”.