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Costi della sicurezza non congrui: il Consiglio di Stato non consente giustificazione attraverso la rimodulazione delle “spese generali”
Consiglio di Stato, Sez. VII, 5/06/2025, nr. 4896
Il Consiglio di Stato conferma la legittimità della esclusione, da parte della stazione appaltante, della impresa prima classificata per non essere riuscita a giustificare “i costi della sicurezza” ritenuti talmente bassi da far ritenere l’offerta non congrua, non potendosi rimodulare l’offerta indicando che parte dei costi sono stati inseriti nella voce “spese generali”.
Nel caso di specie, l’Università di Pisa indiceva una procedura aperta, al prezzo più basso, per la realizzazione di un dipartimento e la sua manutenzione quinquennale. Il bando di gara richiedeva ai concorrenti di indicare i costi della sicurezza (e i costi della manodopera) prevedendo l’esclusione per costi della sicurezza (e della manodopera) pari a “zero”.
L’impresa prima classificata indicava un importo molto basso (15.000 Euro) per “i costi della sicurezza” sostenendo poi, in sede di verifica di congruità della offerta, che in realtà agli stessi andavano aggiunti altri costi (185.000 Euro) indicati all’interno della voce “spese generali”.
Secondo la ricorrente, peraltro, il disciplinare di gara avrebbe previsto l’esclusione quale sanzione per la sola omessa indicazione specifica degli oneri della sicurezza o per l’indicazione in misura pari a zero.
Sicché, essendo l’importo esposto dalle ricorrenti diverso da zero, l’appellante non poteva essere esclusa, pena la violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione.
I costi dovevano ritenersi congrui – secondo la ricorrente – in quanto parte degli stessi sarebbero stati inseriti nell’ambito della voce “spese generali” (e cioè nell’ambito di una voce che sarebbe compatibile con la intrinseca caratterizzazione dei costi stessi) e, quindi, in sede di verifica di anomalia si sarebbe proceduto ad una mera rimodulazione delle voci di costo consentita che non dà luogo a un’alterazione del contenuto dell’offerta.
Di avviso diverso i giudici, secondo cui la norma (art. 108, 9 comma) è chiara nel prevede che “tutti gli oneri gravanti sull’azienda per l’assolvimento degli obblighi riguardanti la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro devono essere specificamente indicati nell’offerta….affinché la stazione appaltante possa verificare in che modo l’operatore economico sia giunto a formulare il prezzo offerto e se non abbia, per rendere maggiormente conveniente la sua offerta, eccessivamente sacrificato proprio tale voce di costo”. Segue, quindi, che “ l’omessa indicazione degli stessi comporta, dunque, la necessaria esclusione dell’offerta medesima” Si tratta di una norma che mira ad assicurare una tutela rafforzata degli interessi dei lavoratori, per assicurare che gli operatori economici svolgano una seria valutazione preventiva dei predetti costi prima di formulare il proprio “ribasso complessivo”.
Inoltre, secondo i giudici, lo stesso art. 110, 5 comma prevede due casi di esclusione (distinti dalla congiunzione “oppure”) ovvero “se le spiegazioni fornite non giustificano adeguatamente il livello di prezzi o di costi proposti oppure se l'offerta è anormalmente bassa in quanto sono incongrui gli oneri aziendali della sicurezza”.
Nel caso di costi della sicurezza non congrui il provvedimento di esclusione risulterebbe, quindi, un provvedimento vincolato per la stazione appaltante, in virtù dell’art. 110 comma 5 lettera c) D. Lgs. 36/2023.L’esclusione quale sanzione per l’ipotesi di costi della sicurezza non congrui deriva, quindi, dal combinato disposto delle due norme (artt. 108 comma 9 e 110 comma 5 lettera (c del D. Lgs. 36/2023,) per cui non ne era necessaria la riproposizione nella lex specialis.
L’estromissione dalla procedura riguardante l’accertata non congruità dei costi della sicurezza: a) è una causa di esclusione imposta ex lege; b) non ha alcuna necessità di essere specificamente ripetuta nella legge di gara; c) non viola il principio di tassatività delle cause di esclusione.
Alla base del ragionamento la considerazione che, l’art. 110, comma 5, del Dlgs 36/2023 non mira solo a tutelare l’interesse alla sostenibilità dell’offerta, ma anche (e soprattutto) quello alla piena conformazione agli obblighi in materia di sicurezza. Con la conseguenza che la mancata indicazione del corretto importo dei costi della sicurezza aziendale, al pari dell’omessa integrale indicazione, comporta l’esclusione dell’offerente interessato.
Né per i giudici si può ritenere ammissibile e legittimo, nel caso di specie, il ricorso al “soccorso istruttorio” consentito soltanto nei casi di una normativa di gara ambigua e idonea a ingenerare una confusione nei concorrenti. (si veda Cons. Stato, sez. V, 28luglio 2020, n. 4806 che richiama, a sua volta, Cons. Stato, sez. V, 4 ottobre 2019, n. 6688). Nessun equivoco, invece, poteva sorgere in capo ai partecipanti, nel caso di specie, circa la necessità di un’espressa e dedicata enucleazione degli oneri della sicurezza e circa la portata degli stessi, chiaramente descritti – con formula onnicomprensiva - come “tutti i costi aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”.
Quanto invece alla possibilità di rimodulare, in sede di verifica dell’anomalia, alcune voci di costo occorre tener presente alcuni presupposti: a) i caratteri fondamentali dell’offerta economica devono restare invariati; b) le singole voci di costo possono essere modificate solo per sopravvenienze di fatto o normative che comportino una riduzione dei costi ovvero per porre rimedio a originari e comprovati errori di calcolo; c) non è possibile rimodulare le voci di costo senza alcuna motivazione al solo scopo di “far quadrare i conti”, ossia per assicurarsi che il prezzo complessivo offerto resti immutato ma siano superate le contestazioni sollevate dalla stazione appaltante su alcune voci di costo.
Concludendo si ribadisce la assoluta immodificabilità degli oneri aziendali per la sicurezza anche nell’ambito della verifica di anomalia, trattandosi di oneri che l’impresa deve sostenere per garantire la sicurezza dei lavoratori nell'esecuzione dell'appalto. La necessaria indicazione degli oneri per la sicurezza aziendale risponde, pertanto, all'esigenza di tutela del lavoro sotto il profilo della salute e della sicurezza dei lavoratori (art. 32 Cost.), così come l'altrettanto necessaria indicazione dei costi della manodopera tutela il lavoro per il profilo relativo alla giusta retribuzione di cui all'art. 36 Cost. (in termini Cons. Stato, V, 19 ottobre 2020, n. 6306).
Se è vero che in sede di giustificazione della congruità delle voci di costo sono in linea di massima ammesse minime compensazioni tra le diverse poste che compongono l’offerta, tale possibilità trova il suo limite (per quanto qui rileva) nel suddetto principio di immodificabilità dei costi aziendali per la sicurezza, che impedisce ogni “spostamento” degli importi incidenti su tale voce (così Consiglio di Stato, V, 20 febbraio 2024, n. 1677).
In conclusione “eventuali errori materiali in cui sia incorso l’operatore economico nella indicazione di detti costi possono essere emendati solo se percepibili ictu oculi come tali dal contesto stesso dell’atto e senza dovere attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima. Diversamente, la “correzione” si tradurrebbe in una inammissibile manipolazione e variazione postuma dei contenuti dell’offerta con violazione del principio della par condicio dei concorrenti.”