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Costi manodopera: via libera al soccorso istruttorio solo se il loro inserimento non è consentito dai documenti di gara

13/11/2019
TAR Sicilia, II, 31/10/2019 n. 2521

La sentenza in commento si colloca all’interno dell’accesso dibattito giurisprudenziale in merito all’obbligo d’indicazione, in sede d’offerta, dei c.d. “costi della manodopera” previsti all’art. 97, comma 10 del Codice degli Appalti, nonché sulla possibilità di una loro eventuale integrazione attraverso l’istituto del “soccorso istruttorio”.

Detto art. 97 deve necessariamente applicarsi in combinato disposto con l’art. 26, comma 16 del medesimo Codice, secondo cui “nei contratti di lavori e servizi la stazione appaltante, al fine di determinare l'importo posto a base di gara, individua nei documenti posti a base di gara i costi della manodopera sulla base di quanto previsto nel presente comma. I costi della sicurezza sono scorporati dal costo dell'importo assoggettato al ribasso”.

Della questione è stata recentemente investita anche la CGUE che, con la pronunzia n. 309/18 del maggio scorso, ha cercato di mettere “un po' d’ordine” (a parere dello scrivente con scarsi risultati) nel caos generato dalla non felice formulazione della normativa italiana.

Infatti, da un lato la Corte di Giustizia Europea si è pronunciata a favore del carattere immediatamente precettivo della norma anzidetta, che ha ritenuto applicabile anche nell'ipotesi in cui l'obbligo d’indicare separatamente i suddetti costi non venga specificato all’interno della documentazione della gara d'appalto.

Allo stesso tempo, tuttavia, i Giudici europei hanno aperto uno “spiraglio” in merito alla possibilità d’integrazione da parte del concorrente (con conseguente successivo scorporo dei predetti costi dal ribasso inizialmente indicato in sede d’offerta), nel caso in cui le disposizioni della gara “non consentano” agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche.

È evidente però che l’effettiva impossibilità d’inserimento di detti costi non possa integrare un criterio assoluto, dovendo essere valutato caso per caso dal giudice.

Nel caso di specie la ricorrente, che si classificava quarta nella graduatoria finale, decideva d’impugnare l’intera procedura nonché l’aggiudicazione disposta in favore di un concorrente, contestando la mancata esclusione della 2° e 3° classificata per omessa indicazione dei rispettivi costi della manodopera e, relativamente alla 1° classificata, contestandone invece la presunta mancata conformità dell’offerta alle tabelle ministeriali indicanti il “costo medio” del lavoro.

Il Tar Palermitano, citando l’arresto giurisprudenziale della CGUE, ha ritenuto che l’omessa indicazione dei costi della manodopera non poteva assumere alcuna portata escludente; infatti, dal momento che la legge di gara prevedeva la compilazione dell’offerta in base ad uno specifico modulo allegato ed, allo stesso tempo, era richiesto ai concorrenti di “ricomprendere” all’interno della loro offerta economica il costo del lavoro e degli obblighi connessi alla sicurezza e protezione dei lavoratori, i giudici hanno affermato che si versava “in una situazione di obiettiva ambiguità e comunque di poca chiarezza rispetto alla sussistenza del relativo obbligo dichiarativo”.

Ciò significa che tale ipotesi è stata ritenuta riconducibile a quella prevista dalla CGUE, secondo cui l’impossibilità d’allegazione deve essere di tipo “oggettivo”, ovvero non superabile con la peculiare diligenza richiesta ai partecipanti ad una procedura di gara.

In conclusione, dunque, solamente in tali circostanze (comunque da valutarsi caso per caso), potrà consentirsi agli offerenti di sanare la loro offerta, in accordo a quanto previsto dalla normativa nazionale.