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Contraffazione ed uso illecito del marchio online: come difendersi
Lo sviluppo dell’e-commerce e della pubblicità online hanno favorito la rapida diffusione dei brand, inducendo le imprese ad investire sulla valorizzazione della propria immagine attraverso la registrazione di marchi.
Accade però frequentemente che taluni soggetti utilizzino illecitamente marchi noti o segni distintivi simili a marchi noti; tali pratiche configurano ipotesi di concorrenza sleale o di contraffazione, inducono il consumatore in confusione e provocano ingenti danni a coloro che hanno investito sul rafforzamento della propria immagine e dei segni distintivi.
Tra le pratiche più diffuse on line di utilizzo difforme e non autorizzato dei marchi troviamo il fenomeno del cybersquatting ed il keywords advertising.
Il cybersquatting
Per cybersquatting o domain grabbing si intende la pratica di registrazione ed utilizzo illecito di un marchio e/o segno distintivo in un nome di dominio, al fine di sfruttare la notorietà del marchio e quindi ottenere vantaggi economici a danno del soggetto titolare del marchio originario.
Negli ultimi anni questa pratica illecita si è particolarmente diffusa sia in Europa che nel resto del mondo, tanto da richiedere un tempestivo intervento sia da parte di WIPO (World Intellectual Property Organisation) che di EUIPO (European Union Intellectual Property).
A più di vent’anni dall’istituzione da parte di WIPO dell’ufficio predisposto per l’anti-cybersquatting sono stati esaminati più di 50.000 casi che coprono quasi 91.000 nomi di dominio (per maggiori informazioni rimandiamo all'articolo di WIPO)
Sul panorama nazionale, un esempio è rappresentato dal caso che nel 2017 ha interessato la nota catena di supermercati Esselunga.
Nello specifico, la Esselunga S.p.a. lamentava la creazione di nomi di dominio quali “esslunga.it” o “essselunga.it" (in luogo di “esselunga.it") volti ad indurre in errore il consumatore e trarne profitto tramite la tecnica del typosquatting consistente nella registrazione di nuovi nomi di dominio con apparenti errori di battitura.
La Camera Arbitrale di Milano con decisione del 31/05/2017 ha configurato un’ipotesi di cybersquatting disponendo la riassegnazione dei nomi di dominio (quelli con gli errori) ad Esselunga S.p.a. e quindi impedendone l’uso a coloro che li avevano illecitamente registrati.
Il keywords advertising
Molto diffusa anche la pratica del keywords advertising, che consiste nell’acquisizione da parte di inserzionisti di parole chiave (keywords) o termini che si attivano quando un utente compie una ricerca online.
Questo consente agli inserzionisti di porre in evidenza il proprio sito, prodotto o marchio quando vengono digitate e/o ricercate determinate parole in rete.
Alcune keywords possono costituire oggetto di interesse per più operatori economici, per questa ragione spesso si ricorre a procedure d’asta al fine di ottenere l’esclusiva o un particolare posizionamento online tramite la ricerca di determinate parole.
L’attività del keywords advertising costituirà dunque un illecito sanzionabile qualora l’uso delle parole o del marchio altrui, produca un effetto di confusione nel pubblico in rete, inducendo in errore il consumatore che non saprà più se il sito web visitato è riconducibile al titolare del marchio oppure ad un terzo.
Anche in questo caso è evidente il danno economico, in termini di possibile perdita di clientela, e di immagine subiti dal titolare del segno distintivo.
Quali tutele sono configurabili?
In Italia ad oggi non sussiste una norma sanzionante le pratiche illecite di cybersquatting e keywords advertising.
Tuttavia, attraverso il combinato disposto di alcune norme, la giurisprudenza è concorde nel concedere ai titolari di marchi che vengono impropriamente utilizzati online le seguenti forme di tutela:
- il diritto al nome e all’immagine disciplinate all’ 7 c.c.
- la concorrenza sleale tra imprese di cui all’ 2598 c.c.;
- il principio di unitarietà dei segni distintivi disposto dall’ 22 del codice della proprietà industriale;
- ed infine, in ambito penale, i reati di contraffazione di marchi (artt. 473, 474 c.p.) e le ipotesi di fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando diritti della proprietà industriale (art. 517-ter c.p.).
In ragione di quanto sopra, al fine di garantire un’adeguata tutela al proprio marchio, risulta fondamentale prestare attenzione non solo in fase di pre-registrazione, ma anche nel corso dell’intera vita del segno distintivo che vede un costante e crescente utilizzo del proprio marchio online.
I proprietari di segni distintivi dovranno pertanto implementare efficaci modalità di monitoraggio e, in caso di rilevazione di usi impropri, procedere nelle più opportune sedi giurisdizionali a tutela dell’investimento effettuato e della propria immagine.