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CONCORRENZA SLEALE E ILLECITO CIVILE: QUALI DIFFERENZE E QUALE TUTELA?

04/12/2012

SENTENZA CASS. CIV. 16294/2012

Interessante, in tema di concorrenza sleale, la recente sentenza Cass. Civ. 16294/2012. La sentenza della Suprema Corte, infatti, chiarisce la natura dell’illecito di concorrenza sleale e il fondamento della risarcibilità del relativo danno.

La vicenda da cui è scaturita la sentenza trova a sua volta origine in un contratto di distribuzione in esclusiva tra una ditta produttrice di macchine agricole ed una ditta rivenditrice della stessa categoria di macchinari. Più precisamente, nell’esecuzione del contratto, la ditta produttrice, facendo apprezzamenti positivi sul rapporto di collaborazione in essere, convinceva la distributrice ad acquistare macchinari per un ingente importo in contanti, per poi improvvisamente recedere di lì a pochi mesi dal rapporto. La distributrice citava in giudizio la produttrice invocando, oltre alla violazione del dovere di buona fede per le predette circostanze, anche la commissione ad opera della produttrice di atti di concorrenza sleale ai suoi danni in pendenza del periodo di disdetta previsto dal contratto. L’azione, rigettata nei primi due gradi del giudizio per insussistenza degli illeciti lamentati, approdava infine davanti alla Suprema Corte. La Cassazione, nel confermare il rigetto del caso, ha colto l’occasione per individuare il rapporto tra la fattispecie della concorrenza sleale e l’illecito civile, tracciando anche limiti e condizioni di risarcibilità della prima. Nello specifico, chiarisce la Cassazione come la concorrenza sleale, seppur tipizzata dall’art. 2598 c.c., non sia una categoria di danno a sè stante. La concorrenza sleale, dice la Cassazione, appartiene comunque alla categoria generale dell’illecito civile ex art. 2043 c.c., sebbene esistano degli specifici mezzi di tutela attivabili in sede giudiziale (c.d. azioni inibitorie). Inoltre, specifica ulteriormente la Corte, la concorrenza sleale non è produttiva in via automatica di un danno a prescindere dalla relativa prova (liquidabile, cioè, in via equitativa, come sostenuto nel caso pratico dall’attrice). Al contrario, alla luce della sua riconducibilità alla categoria dell’illecito civile ex art. 2043 c.c., la concorrenza sleale, per poter trovare risarcimento, deve essere adeguatamente dimostrata.

Come? Secondo i principi che sorreggono la risarcibilità del fatto illecito ex art. 2043 c.c., statuisce la Cassazione. Si deve quindi, dimostrare, per la Suprema Corte, oltre al dolo e/o colpa nella condotta, il danno effettivo subito.