Vuoi ricevere i nostri aggiornamenti?

Registrati per accedere ai contenuti riservati e iscriverti alla nostra newsletter

Clausola di revisione dei prezzi: è sempre dovuto l’aggiornamento del corrispettivo contrattuale?

03/10/2018
Fabio Caruso

Cons. St. Sez. III, 06/08/2018 n. 4827

L’art. 115 del vecchio Codice dei contratti pubblici (ora abrogato) conteneva una disposizione espressamente riferita ai soli appalti di forniture e servizi che, in buona sostanza, si esauriva nell’obbligo di inserire in tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa, una clausola di revisione periodica del prezzo.

Tale revisione doveva essere operata sulla base di un’istruttoria condotta periodicamente dai dirigenti responsabili dell’acquisizione beni e servizi, nonché sulla base dei dati forniti dall’Osservatorio dei contratti pubblici.

La ratio dell’istituto viene fatta risalire all’esigenza di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni (di beni o servizi) nei confronti della P.A. possano mantenere un elevato standard qualitativo, che potrebbe risultare compromesso nel caso in cui si scarichi sul privato l’eccessiva onerosità sopravvenuta delle stesse.

La compatibilità della predetta disposizione con il sistema degli appalti pubblici è tuttavia di strettissima attualità, se si considera che nel settore sanitario si è in presenza di una normativa che impone (c.d. Spending Review) alle amministrazioni la rinegoziazione dei contratti, nonché addirittura l’obbligo di recesso nel caso di prezzi superiori al 20% rispetto alla media dei prezzi di riferimento.

Per tale ragione ci si chiede se, anche qualora la clausola di revisione venga espressamente inserita in lex specialis, la stessa debba ritenersi di “automatica applicazione” o pur sempre subordinata ad una specifica valutazione discrezionale della P.A.

In altri termini, il contraente privato può vantare una posizione di diritto soggettivo nei confronti della S.A. per ciò che concerne l’ottenimento della modifica/revisione contrattuale?

La risposta del Consiglio di Stato è negativa e si basa sul fatto che la decisione in merito all’eventuale revisione contrattuale possa essere adottata solo all’esito di un’istruttoria, che a sua volta deve concludersi con un provvedimento espresso – ma comunque discrezionale – da parte dell’amministrazione.

Ciò significa che in tema di revisione periodica dei prezzi, la posizione dell’appaltatore è pur sempre d’interesse legittimo, in quanto la scelta in merito all’aggiornamento contrattuale si fonda comunque su una decisione discrezionale della S.A., che opera un bilanciamento tra l’interesse del privato e quello pubblico rivolto al contenimento della spesa.

Nel caso di specie, il diniego all’istanza di revisione avanzata dall’operatore economico è stato ritenuto legittimo proprio sulla base di tali principi, che confermano come la decisione della S.A. sia comunque espressione di un potere autoritativo.

Si segnala infine come nel nuovo Codice degli appalti, la revisione periodica dei prezzi dopo l’aggiudicazione dell’appalto non risulti più obbligatoria per legge come nella previgente disciplina, ma operi solo se espressamente prevista dai documenti di gara. Infatti l’art. 106 lettera a) del D.Lgs. n. 50/2016 configura l’inserimento della clausola di revisione solamente come una facoltà, e non più (come avveniva nel vecchio art. 115 D.Lgs. 163/2006) un obbligo per la S.A.

Sotto tale aspetto, la modifica legislativa si pone quindi in linea con la posizione della giurisprudenza, facendo sì che l’operatore economico si confermi sempre più come l’anello debole del rapporto contrattuale.