Il ruolo dell’Organismo di Vigilanza nel sistema 231 è centrale.
Non esiste Modello di organizzazione e gestione efficace senza un Organismo di Vigilanza, dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, in grado di vigilare in maniera adeguata ed efficiente sul funzionamento e l’osservanza dei MOG, curandone il costante aggiornamento, ai sensi dell’art. 6, comma 1 lett. b) del D Lgs. N. 231/2001
Ma quale OdV scegliere: monocratico o collegiale?
Nel silenzio normativo, pare opportuno – senza pretesa di esaustività- valutare gli indirizzi giurisprudenziali sul punto.
Sulle caratteristiche dell’OdV
Le pronunce più recenti hanno a tal proposito contribuito significativamente a delineare i contorni dell’organismo e le caratteristiche che deve possedere per rendere in concreto efficace l’attuazione del Modello organizzativo da esso vigilato.
Come chiarito dal Supremo Collegio (cfr. Cass. Pen. Sez. VI, sent. 23401/2022), l'OdV non deve essere inteso quale supervisore dell'attività degli organi direttivi, ma deve mantenere una posizione di terzietà e indipendenza, svolgendo un'attività di controllo sistemico e continuativo senza interferire con l'autonomia gestionale degli organi societari.
L'efficacia del MOG dipende infatti in larga misura dalla capacità dell'OdV di esercitare concretamente i propri poteri di controllo e vigilanza, i quali possono estendersi anche alla costante verifica dell’adeguatezza del modello rispetto alle caratteristiche – mutabili nel tempo- dell’Ente, così da richiedere una sempre attuale adesione alla realtà effettiva societaria.
Ma quali caratteristiche deve avere l’OdV per garantire tale efficace controllo?
Da una disamina delle pronunce in argomento, si assiste con sempre più frequenza ad arresti giurisprudenziali che appaiono propendere per OdV in composizione collegiale, in quanto ritenuti più idonei – nella maggior parte dei casi oggetto di disamina processuale – a garantire un efficace controllo.
Emblematiche sono, proprio in tal senso, le parole utilizzate dal Tribunale di Roma già nell’aprile del 2003, laddove in un’ordinanza si affermava che: “per enti di dimensioni medio-grandi la forma collegiale si impone, così come si impone una continuità di azione, ovverosia un impegno esclusivo sull'attività di vigilanza relativa alla concreta attuazione del modello”.
Dello stesso avviso anche il Tribunale di Bari che, nel c.d. processo “Farmatruffa” (cfr. ordinanza del 4.4.2003) ha ritenuto inadeguato un ODV monocratico – sulla scorta delle valutazioni dei periti nominati dal GIP –in punto di adeguatezza:
- sia in astratto, in relazione alla natura multinazionale della società in questione- in quanto, la scelta di prefigurare l’organismo come “monocratico” tradiva un’evidente, grave insufficienza operativa e strategica rispetto alla complessità dell’ente.
- sia in concreto, in relazione alla continuità d'azione, atteso che l’attività dell’OdV era in gran parte assorbita da audit demandati dal CdA in seguito all’apertura del procedimento penale e la sua natura monocratica, in assenza di adeguate risorse umane, non aveva consentito di intervenire con tempestività nelle aree a rischio-reato.
È bene evidenziare che la composizione collegiale è stata ritenuta opportuna non solo per enti di medio-grandi dimensioni, ma anche con riguardo a società di piccole dimensioni.
Sul punto si richiama la decisione del Tribunale del Riesame di Parma, che con ordinanza del 27.05.2015 n. 22/2015, ha confermato la misura interdittiva dell’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi per la durata di un anno nei confronti di una piccola società accusata di plurimi fatti di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex art. 640 bis c.p., e ciò nonostante la società si fosse, a seguito della formale conoscenza della contestazione, dotata di MOG, presidiato da Organismo di Vigilanza.
In particolare, il Tribunale riteneva la persistenza dei presupposti per l’applicazione della misura interdittiva in ragione del fatto che “il modello organizzativo adottato presenta una non trascurabile criticità laddove prevede che l’OdV abbia una composizione monocratica”, atteso che ciò è idoneo a “pregiudicare l’efficacia concreta della sua azione di monitoraggio che, considerati i trascorsi molto negativi della società dovrà necessariamente essere assidua e assai penetrante”.
Conclusioni
Le pronunce richiamate parrebbero evidenziare una tendenza giurisprudenziale a “prediligere” Organismi di Vigilanza di natura collegiale rispetto agli omologhi monocratici, al fine di rispondere con maggiore compiutezza e tempestività alle complesse e costanti esigenze di controllo, valutato non solo il requisito dimensionale dell’ente, ma altresì le specifiche necessità, dettate da situazioni di particolare criticità (si pensi alla pendenza di procedimento penale).
Un approccio di maggiore cautela parrebbe dunque indurre a valutare l’opportunità di un organismo composito, nell’ottica di soddisfare le esigenze primarie dell’Ente, garantendo tempestività di azione e un approccio multidisciplinare che consenta un effettivo, continuo ed efficace controllo.