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Dove e come viene regolamentato il Patient Support Program

17/09/2020
Silvia Stefanelli
Giorgia Rosati

Nonostante la rapida diffusione dei Patient Support Program (PSP) in tutto il territorio nazionale, questo nuovo modello di cura “patient-oriented” non ha ancora trovato una sua specifica disciplina giuridica.

Ed infatti, ad oggi non sono presenti disposizioni normative, legislative o regolamentari, che disciplinino ad hoc detta attività assistenziale.

L’unica fonte da cui sembra possibile individuare almeno i “contorni” del PSP è il Codice Deontologico di Farmindustria.

Sul punto è importante precisare che il Codice Deontologico ha natura vincolante per le sole industrie farmaceutiche aderenti alla Farmindustria, essendo quest’ultima qualificabile - secondo le disposizioni del Codice civile - come una associazione.

In sostanza il suddetto Codice dispiega la sua forza giuridica solo in ambito associativo e solo sotto il profilo deontologico: ciò non toglie la possibilità, data l’ampia rappresentatività di Farmindustria, di considerare tale disciplina di vasta applicazione.

Venendo ora alle prescrizioni del Codice, l’art. 4.7 introduce in primo luogo una definizione del PSP secondo cui lo stesso è

“un programma di assistenza sanitaria realizzato a beneficio del paziente in trattamento con un farmaco già autorizzato all’immissione in commercio da parte dell’azienda/e farmaceutica /e (es.: servizi telefonici e domiciliari di supporto alla terapia, servizi di monitoring della terapia anche attraverso attività diagnostiche, ecc.)”.

Da questa prima definizione del PSP discendono due fondamentali considerazioni, peraltro in linea con una visione puramente etica del tema.

In primo luogo, si deve trattare di un servizio di assistenza “aggiuntiva” che si attiva in presenza di una somministrazione farmacologica: in altre parole abbiamo un PSP quando abbiamo un paziente già in cura con uno specifico medicinale e quando la somministrazione del medicinale stesso richiede un’assistenza particolare.

Ne consegue, a contrariis, che il PSP non può in alcun caso riguardare farmaci sottoposti a sperimentazione clinica o utilizzati al di fuori della stessa (ovvero i c.d.  farmaci ad uso compassionevole D.M. 7 settembre 2017) e deve avere come scopo principe il beneficio per il paziente, con totale esclusione della finalità promozionale.

Tant’è vero che lo stesso articolo dispone nei seguenti termini:

“La funzione aziendale che ha la responsabilità decisionale del PSP non deve essere commerciale e opererà con la supervisione della funzione compliance dell’azienda”.

L’art. 4.7 prosegue richiamando – in maniera molto generica – le discipline che devono essere rispettate nella progettazione e nell’attuazione del PSP stesso.

Più esattamente si richiede che il PSP venga disegnato ed attuato in maniera da

 “garantire la gestione della farmacovigilanza, la gestione della privacy, la responsabilità della gestione dei materiali, la responsabilità per la compliance e la gestione giuslavoristica (non è possibile la somministrazione di manodopera)”.

Ne deriva che l’azienda pharma, qualora intenda attivare un PSP, dovrà inserire il programma all’interno delle procedure di farmacovigilanza, determinare i diversi ruoli privacy degli attori coinvolti nel trattamento dei dati, individuare idonee modalità per lo smaltimento dei rifiuti, rendere operativo il PSP attraverso l’affidamento del servizio (nella generalità dei casi tramite un contratto di appalto) ad un soggetto terzo (il c.d. provider) per evitare di incorrere in una illecita somministrazione di manodopera (si precisa che tali singoli aspetti verranno approfonditi nei nostri prossimi articoli).

Il Codice riserva poi un’ultima disposizione specifica in materia di tutela di dati personali, richiamata unicamente sotto il profilo della finalità del trattamento.

L’ultimo comma chiarisce, infatti, che

“I dati raccolti nel PSP devono essere utilizzati solo per le finalità del supporto ai pazienti. L’eventuale uso per altri scopi deve essere separatamente contrattualizzato, nel rispetto delle disposizioni normative e deontologiche vigenti in materia.”

La norma è riferita ovviamente all’ipotesi in cui l’azienda pharma ricopra il ruolo di Titolare dei dati.

In questo caso, nel contratto tra la Casa farmaceutica e il provider del PSP (c.d. MSA Master Service Agreement), dovranno essere indicate le ulteriori finalità a cui sono indirizzati i trattamenti di dati dei pazienti/utenti (finalità “tipo” che ci riserviamo di analizzare nell’articolo relativo alla privacy nei PSP).

Da ultimo il Codice Deontologico chiude la trattazione dei PSP fornendoci un’ultima indicazione sulla qualifica professionale dei soggetti che possono fornire concreta assistenza al paziente/utente.

Sul punto il Codice chiarisce espressamente che “solo i medici e gli operatori qualificati con le competenze necessarie potranno dare supporto al paziente/utente”.

Ovviamente, tale ultima disposizione deve calarsi nella varietà dei servizi offerti dai diversi PSP, si pensi ad esempio al counselling psicologico o al training sull’uso dei dispositivi medici.