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Il Tribunale di Milano censura l’uso illecito di segni distintivi come Key words o come nomi a dominio
Sent. Tribunale di Milano, 25/1/2018
In una recente sentenza il Tribunale di Milano ha censurato l’uso illecito di segni distintivi notori come parole chiave di un motore di ricerca o come nome a dominio.
Il caso scaturiva dall’azione promossa da una famosa azienda italiana di produzione, tra gli altri, di biscotti, contro una società rea di produrre e commercializzare cuscini riproducenti le forme dei biscotti più famosi della prima utilizzando inoltre i medesimi segni distintivi, con l’intento di riprodurre con i prodotti tessili l’intera linea di biscotti della ricorrente.
La convenuta era accusata di svariati comportamenti ritenuti di concorrenza sleale, tra cui l’uso, perpetrato anche nel corso del giudizio, dei segni distintivi della ricorrente come parole chiave del motore di ricerca, come nome a dominio nonché come parole chiave di indicizzazione dei contenuti presenti sulle piattaforme social.
Il Tribunale di Milano ha richiamato la giurisprudenza della Corte di Giustizia, secondo cui il titolare di un marchio può opporsi all’uso dello stesso quale keyword di un motore di ricerca o nome a dominio quando l’uso possa compromettere una delle funzioni del marchio, ovvero quando l’uso del segno distintivo pregiudichi o possa pregiudicare la sua funzione essenziale di garantire ai consumatori la provenienza del prodotto, oppure una delle altre funzioni essenziali del marchio, quali quelle in tema di comunicazione, investimento e pubblicità.
Anche nel campo della comunicazione telematica infatti il marchio rappresenta spesso, oltre ad un’indicazione di provenienza dei prodotti, uno strumento di strategia commerciale utilizzato a fini pubblicitari.
Sussiste violazione quando l’uso del marchio non consente all’utente di internet mediamente informato e ragionevolmente attento di comprendere se i prodotti o i servizi pubblicizzati e commercializzati sul sito internet o sulla piattaforma social provengono dal titolare del marchio o, al contrario, da un terzo non autorizzato.
Secondo il Tribunale di Milano l’uso dei marchi della ricorrente come parole chiave o nomi a dominio era finalizzato unicamente a sfruttare parassitariamente la rinomanza dei segni distintivi di quest’ultima; per questo motivo il comportamento della convenuta è stato censurato ed ad essa è stato inibito l’uso dei segni distintivi della ricorrente in qualunque modo attuato.